Il richiamo del sangue dei “Parientes” fa vibrare il palco del Teatro Forma di Bari col Trio Servillo, Girotto e Mangalavite per la rassegna “Creatures” dell’associazione Nel Gioco del Jazz

Ne ha trovato di terreno fertile, l’italianità, andando in giro per il mondo. Col vestito di Napoli, forse il più sincero di tutti, la singolare incapacità di provare sentimenti tiepidi si è declinata per tante volte quante sono le altre civiltà che ha incontrato e che l’hanno fatta propria. Tra tutte le latitudini, quella del Sudamerica, e in particolare dell’Argentina, ha permesso agli italiani, ai “Tanos” anzi, i napoletani, italiani per antonomasia incoronata, di radicare il proprio linguaggio in un processo di evangelizzazione finalmente pacifica, o quasi. Il compito diventa relativamente facile, se i temi sono universali: il cibo e la famiglia, anzi, i “Parientes”.

E proprio “Parientes” si chiama il progetto portato a Bari da Peppe Servillo, voce e danza, Javier Girotto, sax soprano, sax baritono e percussioni, e Natalio Luis Mangalavite, pianoforte, tastiere e voce. Lo spettacolo fa parte della rassegna “Creatures”, il cartellone 2022/2023 dell’associazione barese “Nel Gioco del Jazz” con Presidente Donato Romito e direttori artistici il M° Roberto Ottaviano e il M° Pietro Laera.

La rinomata verve di Servillo è necessaria, ma non è l’unica qualità per un concerto che è più di una semplice esibizione di un progetto o di un album o di un collettivo: “Parientes” è uno spettacolo a tutto tondo, che diverte chi cerca divertimento, dà godimento a chi cerca musica di altissima qualità, e sentimenti, a chi si affaccia in cerca di rilevanza anche emotiva.

Su tutto, la fa da padrone il tango, la musica inventata in Argentina partendo da una cassetta degli attrezzi musicali genuinamente italiana, e dall’Argentina riportata in Europa, ma non mancano incursioni in altre forme come la cumbia.

Molti i momenti in cui la bravura e il rodaggio ormai granitico del trio raggiungono vette che le tante e i tanti che si sentono arrivati scorgono con un buon binocolo: il debutto con “Milonga sentimental”, le trovate di “Cambalache”, l’incedere e il riff di sax di “Cafetín de Buenos Aires”, la mia preferita.

Non manca una declamazione magistrale di Julio Cortázar ad opera dello stesso Servillo, sempre per omaggiare l’Argentina, l’idea di famiglia così affine all’Italia e un rapporto col cibo che l’album dichiara espressamente in “Come si usa col ragù”, traccia eseguita anche durante il concerto.

I bis, moltiplicati per tre, sono un tributo all’italianità vera: “Lu pisce spada” di Domenico Modugno, ma soprattutto “L’anno che verrà” e “Felicità” di Lucio Dalla, cantate dal pubblico tutto, da un altro progetto del trio.

Il sentimento giusto di chi ha seguito il concerto è il mix di divertimento e malinconia tipico del sentire argentino e napoletano, cui dei versi di Cortázar si abbinano benissimo:

Resumen de otoño
En la bóveda de la tarde cada pájaro es un punto del recuerdo.
Asombra a veces que el fervor del tiempo vuelva,
sin cuerpo vuelva, ya sin motivo vuelva;
que la belleza, tan breve en su violento amor
nos guarde un eco en el descenso de la noche.
Y así, qué más que estarse con los brazos caídos,
el corazón amontonado y ese sabor de polvo
que fue rosa o camino.
El vuelo excede el ala.
Sin humildad, saber que esto que resta
fue ganado a la sombra por obra de silencio;
que la rama en la mano, que la lágrima oscura
son heredad, el hombre con su historia,
la lámpara que alumbra.

Riassunto autunnale
Nella volta del pomeriggio ogni uccello è un punto di memoria.
A volte è sorprendente che il fervore del tempo ritorni,
senza che un corpo ritorni, e per nessun motivo ritorni;
quella bellezza, così breve nel suo amore violento,
mantiene un’eco nella discesa della notte.
E quindi, cosa più che stare con le braccia cadute,
il cuore ammucchiato e quel sapore di polvere
che era rosa o strada.
Il volo supera l’ala.
Senza umiltà, sapendo che questo rimane
è stato vinto all’ombra dall’opera del silenzio;
che il ramo in mano, che la lacrima oscura
è un’eredità, l’uomo con la sua storia,
la lampada che illumina.

Beatrice Zippo
photo credit Gaetano De Gennaro

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