Il “Bari Piano Festival”, giunto alla sua quinta edizione, ha allietato le sere di fine agosto 2022, come da tradizione ormai consolidata nel cuore dei baresi, appassionati di musica a vari livelli di competenza. La rassegna, sempre con la direzione artistica del Maestro Emanuele Arciuli, si incardina nell’ambito dei concerti della “Festa del Mare”, armonizzata a “Bari in Jazz” e al “Premio Nino Rota”, col patrocinio del Comune di Bari, del Teatro Pubblico Pugliese, della Regione Puglia, il sostegno del Conservatorio Niccolò Piccinni e la media partnership di Rai Radio3 Classica, dal 21 al 29 agosto ha abbracciato tutti i generi musicali e tutti i gusti, dalla classica, al jazz, alle colonne sonore.
Quel che segue vuol essere un diario di viaggio della manifestazione, piccole annotazioni su quanto accaduto e vissuto durante la rassegna.
L’apertura è stata affidata all’esibizione di Maki Namekawa, Dennis Russell Davies e Emanuele Arciuli a Torre Quetta, con un Omaggio a Philip Glass, un concerto al mare, allietato dal maestrale barese, un vento, alla fine, dolce e piacevole, ma poderoso e fresco, quando il sole scompare al tramonto, in mezzo alle onde arruffatissime. Il minimalismo di Glass, con mia enorme sorpresa, si legava benissimo al contesto, con le onde petulanti e lo sbattere intermittente del vento nelle casse che amplificavano lo struggimento dell’omaggio al grande compositore contemporaneo. L’energia pianistica della Namekawa era l’onda di una bellezza amorevole, nei guizzi vigorosi che più mi scompigliano nelle composizioni del Maestro.
Il secondo giorno è stato il turno di Louis Lortie, sul Sagrato della Basilica di San Nicola. Per la serie “la tocco piano”, Lortie stavolta sembrava aver incantato il maestrale, leit motiv di questa fine di agosto, rendendolo morbido e caldo, nella soggezione del luogo tanto amato. Dopo un programma che prevedeva il “Prélude, choral et fugue in Si minore” di Cesar Franck e i “Ventiquattro preludi op.11” di Alexander Scriabin, ha concesso due bis al pubblico estasiato con ovazione finale.
Il terzo giorno, il meteo ha consigliato di spostare nell’indoor del salotto cittadino per antonomasia, il Teatro Piccinni, la maratona pianistica che ha visto avvicendarsi Serena Valluzzi, Giancarlo Simonacci e Sun Hee You, con la partecipazione della soprano Maria Elena Romanazzi. Tre ore di performance pianistiche intensissime, con programmi che spaziavano dall’impressionismo a Cage ed altri autori contemporanei. Non gradisco solitamente le maratone, ma stavolta la miscellanea intrigante delle proposte e la personalità e capacità interpretativa dei pianisti, con il cameo formidabile della soprano, mi hanno tenuta sull’onda dell’ascolto come su di un ottovolante formidabile. La composizione di Cage mi ha inebriato letteralmente, funestata talvolta dai commenti di alcuni tizi che erano lì solo per la gratuità: fa parte del prezzo da pagare, anche quando è gratis.
Il quarto giorno, la kermesse si è spostata nel Chiostro di Santa Chiara , col concerto di Filippo Gamba. Introdotto da una bellissima lezione di storia della musica ad opera di Filippo Mattei, il programma, che partiva dalla Patetica e dalla Sonata al Chiaro di Luna di Beethoven ed approdava, dopo essere passato attraverso due Preludi di Rachmaninov e le 4 Mazurche op.68, il Notturno op.37 n.1 e il Valzer op.64 n.1 di Chopin (il bis concesso ha invece toccato Schumann, molto amato da Gamba), evidenziava che la semplicità non è affatto una pratica semplice, né la popolarità e riconoscibilità un tratto dispregiativo della musica, spingendo tutti gli ascoltatori e le ascoltatrici verso un’ermeneutica dell’ascolto, ciascuno e ciascuna con la sua sensibilità.
Il quinto giorno ha visto una serata multidisciplinare, sempre al Chiostro di Santa Chiara, con sul palco Antonello Salis, Vito Di Modugno e Francesco Negro attorno al romanzo di Omar Di Monopoli “Brucia l’aria”. Performance che, partita dalla letteratura, è finita fluidamente ad immaginare una colonna sonora per un ipotetico film tratto dal libro presentato. Le esibizioni soliste erano immaginifiche, atte a creare musica per spazi dove trovano dimora storie e personaggi sanguigni e incendiari, con un Salis genio incontenibile della fisarmonica che arde e splende di un fuoco inestinguibile.
Il sesto giorno, la location è stata inedita per il festival, l’emblematico Waterfront di San Girolamo ha visto esibirsi Ralph Van Raat con la partecipazione della ballerina Ada Danieli, che hanno interpretato il mitico The Köln Concert di Keith Jarrett. Un palco grande grande per ospitare non solo un pianista eccezionale, ma anche le evoluzioni di danza contemporanea della ballerina. Mai più avrò forse l’occasione di ascoltare e soprattutto di ‘vedere’ un’opera di Keith Jarrett così, un’esperienza che perdurerà nella mia memoria tra le meraviglie e le esplorazioni consone alla conclusione di un’estate.
Il settimo giorno, il concerto di chiusura al tramonto a Torre Quetta, esattamente dove era iniziato il Festival. David Helbock, introdotto da Alceste Ayroldi, con un Omaggio a John Williams e alle sue mirabolanti colonne sonore. Una serata di festa celebrativa. L’ultimo tramonto sul mare per la serata conclusiva della rassegna, mi è parso proprio un commiato e una celebrazione dell’estate. La luminaria nel cielo è stata impressionante per il contrasto con le ombre della sera e certi toni del rosso che diradavano spiazzando una sottilissima ed esile falce di luna. Tutto questo spettacolo del cielo girava intorno al blasonato pianista austriaco che intesseva il suo jazz da festa! Un fantasmagorico estro che incontrava il compositore di tutte le colonne sonore più incredibili e immortali del nostro immaginario. La colonna sonora di “Star Wars” smontata e rimontata con un brio che solo un magnifico improvvisatore jazz potrebbe concepire. C’erano tante suggestioni cinematografiche che si intersecavano tra loro per poi lambire i grandi del jazz e non solo; si è arrivati, nel guizzo finale, perfino a Mozart!
Che la forza sempiterna della festa sia con voi!
Le ombre profonde e l’esile luna per tutta la notte si scalderanno in questo caleidoscopico estro.
Almeno sino al prossimo anno.
Francesca Ricchetti