Con “Canto l’amore” del quartetto di Stefania Dipierro, l’associazione “Nel Gioco del Jazz” inaugura la prima rassegna del 2022 nel rinnovato club “La Dolce Vita” di Bari

L’atmosfera del club ci è mancata tanto. Il tintinnio del bicchiere, la forchettina poggiata sul piatto, la risatina di confidenza fanno parte dell’intimità creata tra pubblico e artisti, in una dimensione che non ha la frontalità di una sala da concerto, ma rappresenta un importante termometro per la temperatura del pubblico, perché più immersiva e scevra da filtri.

Due anni passati a seguire distrattamente gli spettacoli in streaming, un’esibizione dietro lo schermo mentre si cenava, si chiacchierava o ci si dedicava alle faccende domestiche, hanno condizionato nel profondo il modo di fruire le arti performative, un legame che va ristabilito e riscaldato.
Ci prova “Nel Gioco del Jazz”, riportando una rassegna di concerti nello storico club barese “La Dolce Vita”, a cura del Presidente Donato Romito e della direzione artistica del M° Roberto Ottaviano e del M° Pietro Laera.

Il debutto è affidato a un quartetto capitanato da Stefania Dipierro alla voce e completato da Fabio Accardi alla batteria, Marco Bardoscia al contrabbasso e Piero Vincenti al piano. La scelta è molto armoniosa rispetto al contesto, in quanto la Dipierro è una cantautrice e compositrice di lunghissima esperienza nell’ambito dei club, dei cui codici possiede la chiave completa. Il suo nuovo album “Dichiarazioni d’amore” è fatto da pezzi nati durante la pandemia, talora con mezzi di fortuna (qualcuno li direbbe “tecnologici”), un fenomeno che, per stessa affermazione della cantante, “verrà scritto nei libri di storia”.

Il set si apre con la splendida “Accendi una luna nel cielo”, rivelando il colore jazz della voce di Dipierro, appartenente a quel settore, difficile quanto affascinante, delle crooner donna, una tradizione che, da una costola di Nina Simone, passa per Diana Krall per arrivare fino a Norah Jones e Karen Souza; e, infatti, numerosi altri tributi ossequiano la musica italiana e internazionale degli Anni Sessanta, da “Amarsi un po’”, il classico di Mogol / Battisti, il cui essere scarno si arricchisce con l’andare del pezzo, si passa per Mina e le sue “Mille bolle blu”, e si arriva a Chico Buarque, un easy listening solo in superficie (presto Cirano scriverà della musica brasiliana di esilio degli Anni Sessanta), e alle sue “O que será” e “Samba e Amor” (scritta con Ennio Morricone).

Sono però i pezzi originali le vere preziosità dello spettacolo. Innanzitutto, il wording di “Vita a morsi”, ma poi anche “Ok ci sto”, molto attuale nell’arrangiamento che analogizza un impianto elettronico e “Fiore nel deserto”, il singolo con un videoclip girato tra Bari e Capurso. A mio parere però è “Senza chiedere”, il gioiello creativo, col testo di Franco Arminio e l’arrangiamento di concerto con Mirko Signorile e Gaetano Partipilo: “Non è per avere qualcosa che siamo qui, siamo qui per dare tutto senza chiedere niente”.
Con due tributi si richiude lo scrigno sul concerto: “Ciao amore, ciao”, il Tenco più popolare, l’ultimo, e infine “Il cielo in una stanza”, per finire “nel cielo”, come avevamo cominciato.

Il prossimo appuntamento è mercoledì 9 febbraio, sempre a “La Dolce Vita”, con Roberto Ottaviano che presenterà l’album, prodotto dalla stessa associazione “Nel Gioco del Jazz”, “Doussoun’ Gouni”.

Beatrice Zippo

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