La “Guardia Vieja” del Tango: il nuovo esaltante viaggio firmato “Nel Gioco del Jazz” al Teatro Forma di Bari

Una serata uggiosa, che mette voglia di musica intima, quasi melanconica, magari in un teatro accogliente.
Un desiderio che si chiama tango, e l’associazione “Nel Gioco del Jazz”, presieduta da Donato Romito, con il coordinamento artistico dei M° Pietro Laera e Roberto Ottaviano, lo esaudisce con ben due set, il primo alle ore 18.00, andato sold out pressoché immediatamente, stessa sorte toccata infine al secondo, quello serale, una prammatica del jazz che può estendersi a tutte le buone musiche che l’Universo ha regalato ai compositori e agli ascoltatori di questo Pianeta.

La formazione è una costola del collettivo spezzino Hyperion Ensemble, che circuita in tutta Europa con tutte le forme di questa musica argentina. In particolare, ad esibirsi è il “Cuarteto Guardia Vieja”, dedito alla perpetuazione della forma più tradizionale del tango, quella che risente ancora della matrice europea, specialmente italiana, e migrante, suonata nei caffè e ballata dal popolo, prima di arrivare nelle sale da concerto di tutto il mondo.

A salire sul palco sono Bruno Fiorentini, flauto e chitarra, Roberto Piga al violino, Danilo Grandi al contrabbasso e Davide D’Ambrosio alla chitarra. È proprio Fiorentini a farsi voce narrante di questo viaggio, che inizia con un grande classico, anzi, con l’Himno de los Tangos, “La Cumparsita”, che curiosamente nasce in Uruguay, prima di diventare il paso doble più coverizzato, ballato ed eseguito al mondo. Salta sul palco una volpe grigia, “Zorro gris”, prima de “El Cachafaz”, lo “Sfaticato”, due omaggi ai maestri del tango suonato e ballato, rispettivamente Rafael Tuegos e Ovidio Jose Bianquet, un sound in cui è ancora chiara la tradizione, che negli arrangiamenti senza piano e bandoneón rivive un’essenzialità, un attaccamento materno alla corda.

È proprio la corda, che pur con un etimo diverso, diventa “cor”, cuore pulsante, “core” come nocciolo, ma anche ricordo, negli arrangiamenti della Guardia Vieja. Pizzicata, percossa e strofinata, purché mai i cuori che ballano smettano di essere legati, come in una figura di tango.
È così che si passa a ciò che è assieme un luogo e un ballo, la Milonga. “El Porteñito”, col suo incedere sanguigno e verace, e poi “La Tablada” di Francisco Canaro, che restituisce alle glorie europee, specificamente parigine, una musica che proprio dai migranti europei in Sudamerica aveva tratto le proprie origini e le proprie ancestrali malinconie, le quali dialogano amabilmente come le due chitarre presenti sul palco.
Dialogando si fa notte, e la Milonga perfetta è “Nocturna” di Julian Plaza, la più struggente di tutte, il momento dove il filo tra i cuori si spezza per sempre o si stringe per superare la notte assieme.

Arriva il momento in cui il tango spicca il volo nei teatri, magari con un gusto europeo, magari diventando Tango Vals, un ibrido col valzer che connota di piccole vanità una musica che porta l’intimità fuori dalle mura domestiche, ed è per questo potente e rivoluzionaria. Particolarmente apprezzato dal pubblico, “Romance de Barrio” di Aníbal Troilo.
Non può mancare un copioso omaggio al maestro dei maestri del tango, Astor Piazzolla, che nelle sue origini tranesi spiega la predilezione del pubblico pugliese per il tango e i suoi linguaggi. Piazzolla, emancipandosi da una dimensione popolare, ha consegnato il tango al cinema e alle formazioni più disparate, che hanno lambito l’elettronica, il jazz e il pop, dando forma al nuevo tango, quello che adesso ascoltiamo.
La sua musica, assieme libera e melodiosa, sensuale e sovrannaturale, ha conferito modernità, ha avuto il coraggio di rompere col passato per garantire il successo presente e futuro a ciò che non può mai essere uguale a se stesso, perché è il mondo a non poter esserlo. Ed ecco librarsi dal Cuarteto la bellissima “Café 1930”, “Oblivion”, scelta – ex multis – da Marco Bellocchio per il suo “Enrico IV”, e poi “Libertango” e “Violentango”, tra le quali fa capolino “Un tango para milonguita” di Oscar Casares, unico artista vivente tra quelli omaggiati dal concerto.
I bis, quasi a voler rimettere i panni addosso a una musica denudata dalla passione, tornano alla Guardia Vieja, con due pezzi tradizionali.

Il prossimo appuntamento di questa frenetica quanto esaltante rassegna è già domani, mercoledì 10 novembre, sempre al Teatro Forma, alle ore 21.00, con il progetto “Caro Chico” di Susanna Stivali.

Beatrice Zippo

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