Le Voci dell’Umanità – Capitolo V: Beautiful Minds

Un sistema scolastico che dà importanza alle nozioni apprese e a scale di votazioni standard, di competenze essenzialmente linguistiche e logico/matematiche.
Un mondo del lavoro che tritura chi non funziona secondo parametri volti al profitto e ad obiettivi eteronormati.
Una socialità basata su vite perfette, volti perfetti, corpi perfetti, soprattutto, su pensieri perfetti.

Nulla è più lontano dalla normalità, che è fatta di insuccessi, di complessità e di eventi inaspettati. Soprattutto quando a entrare in gioco è la creatività, a spingere lo sguardo oltre la siepe delle convenzioni sono sempre stati quelli che nelle epoche passate erano pazze e pazzi, spesso perseguitati, talora uccisi, prime vittime di deportazione dei genocidi perché considerati un errore della natura e della genetica, nonché scomodi per uno status quo che non vuol essere sfidato e sfiduciato.

Peccato che la sregolatezza delle menti ne ha spesso determinato la bellezza e il genio.
C’è ancora molto da studiare, nel ricercare le peculiarità delle menti che ad esempio ricadono sotto il gigantesco ombrello dello spettro autistico, che è tutto fuorché uniforme.

Un ritratto sopra le righe è dato nel film “Amadeus” di Miloš Forman. Pare che Wolfgang Amadeus Mozart sia stato tra i primi e più famosi dislessici della musica, anzi, nel voler ricercare le menti più singolari del passato, egli compare in tutti gli elenchi. Nel genio, nella sregolatezza del Mozart di Forman, viene dipinto un uomo che, non individuando i propri limiti fisici e sociali, non ha affatto pensato a quelli compositivi. In quegli elenchi, riferendosi alla dislessia, perlomeno per gli indizi comportamentali che giungono dalle memorie dell’epoca, compare anche a Ludwig Van Beethoven, il quale notoriamente ha anche sofferto di una sordità progressiva, nella morsa della quale continuava a comporre capolavori immortali.

Sempre rimanendo nell’ambito della musica classica, un disgrafico di lusso, avente cioè difficoltà a scrivere e leggere anche la musica, è stato Enrico Caruso, il celeberrimo tenore napoletano, che dovette affrontare numerosi insuccessi e incomprensioni, prima di arrivare al riconoscimento del suo talento a livello mondiale. Peraltro, Caruso non dimenticò mai le sue origini umili e le difficoltà che più di molti dovette affrontare: facendosi pagare fortune per esibirsi nei grandi teatri, cantava gratis per gli emigrati italiani a New York. Caruso ha detto: “La vita mi procura molte sofferenze. Quelli che non hanno mai provato niente, non possono cantare”.

Non solo la musica classica, ma anche la storia del rock e della musica leggera è costellata, è il caso di dire, da artisti che debbono alla propria indipendenza dalla media, dal proprio essere dei punti fuori da ogni nuvola di standardizzazione, la propria forza e la propria fortuna.
Innanzitutto, Noel Gallagher, dapprima compositore della maggior parte dei successi degli Oasis, di cui era anche chitarrista, per poi lanciarsi in una sperimentale carriera di solista, ha fatto due importanti ammissioni circa la storia degli Oasis. La prima, riguarda la meraviglia e la gratitudine, da parte dell’artista, rispetto alla singolarità che una coppia di fratelli provenienti dalle case popolari di Manchester, con una storia di scarso rendimento scolastico (tipico di molti dislessici), di povertà e disagi famigliari, sia diventata una rock band mondiale. La seconda, quella di aver ammesso che i testi degli Oasis non hanno un significato particolare, ma fanno riferimento proprio al pensiero laterale del cantautore, in cui ognuno può trovarci un significato fresco, tutto per sé.

Concludiamo con un tris di regine. Le prime due sono star della musica, la terza è la bonus track di questa tappa del viaggio.

La prima regina è Florence Welch, più nota come front woman del gruppo Florence and the Machine. Creatura neoraffaelita, una voce assieme potente ed eterea, un dualismo che caratterizza Welch: la sua produzione, grazie anche alla cofondatrice del gruppo Isabella Summers, coniuga atmosfere sognanti e strumenti elettronici, tra cui peculiare è l’arpa elettrica. L’immagine stessa della Welch è rinascimentale, ma tremendamente proiettata nel rock alternativo del presente e del futuro. Come questo sia possibile, lo sa solo lei: da ragazzina, malgrado diagnosi di dislessia e disprassia, ossia l’incapacità di portare a compimento una serie di azioni, aveva un buon rendimento scolastico, tipico delle campionesse e dei campioni del pensiero divergente.

Colonna portante dell’elettronica che conta è Alison Goldfrapp, cofondatrice dei Goldfrapp. Diagnosticata come dislessica, a lei può essere ascritto il manifesto in musica di questo viaggio, “Lovely Head”.
Frankenstein would want your mind
Your lovely head, your lovely head
“Frankenstein vorrebbe la tua mente
La tua testa da amare, la tua testa da amare”

Numerosi personaggi hanno di recente ammesso le proprie diagnosi di dislessia e di condizioni dello spettro autistico (mi rifiuto di chiamarli disturbi). L’impulso decisivo a questo coming out, non meno doloroso di tanti altri, l’ha dato Greta Thunberg, la giovane donna che, all’età di 15 anni (ora ne ha 18), ha iniziato i Fridays for Future, gli scioperi del venerdì per sensibilizzare i potenti della Terra e non solo verso l’emergenza climatica che sta rendendo l’unico Pianeta per noi possibile, impossibile da abitare per le generazioni giovani e future. A lei ha fatto seguito l’affermazione mondiale di tale movimento, con una partecipazione giovanile che non si vedeva da decenni. Thunberg è affetta dalla Sindrome di Asperger, la quale, a fronte di disordini nelle interazioni sociali, conferisce una capacità di focalizzarsi su specifici obiettivi e ambiti di interesse. Incurante del timore reverenziale che la gran parte delle persone proverebbe al suo posto, Thunberg guarda i leader mondiali dritti negli occhi, definendo come “Trent’anni di bla bla bla” le loro promesse non mantenute, anzi, le conseguenze peggiorative delle loro decisioni.

Beatrice Zippo

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