Fariba, “come Anna Frank”

Fariba, ventottenne attivista libertaria assieme a suo marito, all’infuriare dei talebani su Kabul si è nascosta in una cantina, in quanto per la sua attività è già ricercata.

Lasciamo alle sue parole il racconto di ciò che le sta succedendo:

Ho visto un video documentario sulle persecuzioni naziste degli anni Trenta, mi sento braccata come Anna Frank. Da tre giorni sto nascosta con mio marito nell’angolo cieco di una vecchia piccola casa di campagna in una località sconosciuta intorno Kabul, passano le ore e io scrivo le mie memorie sul computer che alcuni parenti mi hanno fatto avere a rischio della vita, chatto con chi è nascosto come me, contatto gli amici emigrati all’estero per chiedere sostegno e aiuto.

Ho mandato già tantissime e-mail, mi aggrappo a qualsiasi opportunità sembri praticabile per venire fuori da qui, ho chiesto un visto in Francia, in Canada, negli Stati Uniti, in India, in Italia. Controllo la posta elettronica di continuo, non ho ancora ricevuto risposta: né sì, né no, silenzio assoluto.

Appena entrati a Kandhar hanno giustiziato quattro militari; a Nangahar, dove oggi (ieri ndr.) è stato ricordato il giorno dell’indipendenza dell’Afghanistan, hanno sparato addosso agli attivisti che volevano sventolare la bandiera nazionale. Li conosciamo bene i talebani, li abbiamo riconosciuti subito: aspettano di ricevere nuove armi e di essere “accettati” dalle Nazioni Unite per rimettere in piedi le loro regole e i loro metodi.

Ho studiato con il sostegno morale dei miei genitori, sono laureata in informatica, ho sposato mio marito per amore dopo cinque anni di relazione alla luce del sole e insieme abbiamo lavorato fino all’ultimo nell’ambito dei diritti umani. Non ho mai indossato il burqa perché potevo andare fiera del mio impegno, a testa alta. Ora di colpo mi ritrovo prigioniera tra quattro mura, dormiamo solo con i tranquillanti, mangiamo riso e verdure che ci lasciano qui fuori alcuni conoscenti una volta al giorno, anche aiutarci è pericoloso.

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