Bruno Lauzi: la poesia immensa di un “piccolo uomo”

La vita.

Bruno Lauzi è nato ad Asmara (Eritrea) l’ 8 agosto 1937 ed è morto, lasciandoci orfani della sua poesia, a Peschiera Borromeo, dove viveva, dopo le sofferenze dovute prima ad un gravissimo parkinsonismo e poi ad un cancro al fegato. Era il 24 ottobre 2006, aveva soltanto 69 anni, ancora pienamente in grado di esprimere il suo talento artistico, come vedremo in seguito nel dettaglio. Era cantante, compositore, musicista e cantautore. Quindi artista multiforme, poliedrico e mai banale, Bruno interpretò e scrisse molte canzoni di successo, soprattutto per celebri interpreti femminili della musica italiana, come Mia Martini ed Ornella Vanoni, oltre a cimentarsi nella poesia e nella letteratura. Cresciuto a Genova, è giustamente considerato, insieme a Fabrizio De André, Umberto Bindi, Luigi Tenco, Sergio Endrigo e Gino Paoli, tra i fondatori e maggiore esponente della scuola genovese.
Nel libro Il caso del pompelmo levigato e nella sua autobiografia, Bruno narra che la madre, Laura Nahum, era di origine ebraica, anche se sposò Francesco Lauzi, un cattolico, convertendosi, e occultò poi le proprie origini per sfuggire alle successive leggi razziali fasciste, Siamo negli anni cinquanta quando Bruno Lauzi, insieme al suo compagno di banco al ginnasio Luigi Tenco (tutti e due appassionati di film musicali e di jazz), forma un gruppo musicale e inizia a scrivere i primi brani.
La sua passione è a largo raggio: in letteratura per García Lorca ed Ezra Pound, e in musica, oltre al jazz, Jacques Brel, Georges Brassens e Charles Aznavour. Una passione quest’ultima che lo spinge a lasciare gli studi di giurisprudenza intrapresi a Milano, quando gli mancavano appena due esami. Nel 1962, con lo pseudonimo di Miguel e i Caravana, incide due canzoni in lingua genovese, che assomiglia tanto alla lingua brasiliana (vedi O frigideiro “Il frigorifero”), che ottengono un discreto successo permettendogli di entrare nel cabaret del Derby Club di Milano.

Il vero successo con il suo vero nome arriva con Ritornerai, Ti ruberò, Margherita, Viva la libertàIl poeta; soprattutto quest’ultima, scritta nel 1963, è considerata dalla critica uno dei manifesti della scuola genovese, pur essendo rimasta per qualche anno nel cassetto (infatti Lauzi la interpreterà dopo Gino Paoli), poiché non aveva avuto il “visto” della censura, a causa del rifiuto di togliere il verso che si riferisce al suicidio del protagonista. Invero, Lauzi rimase molto scosso dal suicidio dell’amato amico di ginnasio, avvenuto, come tutti sappiamo, durante il festival di Sanremo 1967, tanto che ne parlerà esplicitamente solo molti anni dopo, arrivando (proprio lui, così poco incline ai compromessi) a criticare Preghiera in gennaio, la famosa dedica di Fabrizio De André a Tenco, in quanto lui vedeva nella celebrazione di Faber una sorta di apologia del suicidio.

Lauzi, dopo il filone romantico, si dedicò spesso alle composizioni umoristiche (richiamando la sua esperienza pregressa nel cabaret), collaborando con comici e cabarettisti quali Lino Toffolo ed Enzo Jannacci, per i quali scrisse diverse canzoni, tra cui Il metrò Ragazzo padre, oltre a dedicarsi anche alle canzoni per bambini, come le celebri Johnny Bassotto e La tartaruga. Non dimenticando, appunto, le sue origini cabarettistiche, verso la metà degli anni sessanta con Jannacci, Toffolo e Cochi e Renato, Bruno entra a far parte del Gruppo Motore, nato nel cabaret milanese Cab 64 e operativo, poi, fino al successo televisivo della coppia Cochi e Renato nei primi anni settanta, all’interno del cabaret Derby Club.

E’ del 1970 la nuova svolta, quando Bruno inizia la collaborazione con Mogol e Lucio Battisti, che lo trascinano nella loro casa discografica e scrivono per lui Mary oh Mary, E penso a te, Amore caro, amore bello, L’aquila Un uomo che ti ama anche se poi criticherà alcuni testi di Mogol che lui considera troppo banali e commerciali.
A fine giugno del 1995, a pochi giorni dalla morte della divina Mimì, partecipa all'”Omaggio a Mia Martini” organizzato a Lamezia Terme, cantando la celeberrima Piccolo uomo, che trasforma per l’occasione in Piccola donna.
Importante è poi la sua collaborazione con un giovane Edoardo Bennato con cui
scrive Lei non è qui … non è là, inserita nel primo album del cantautore partenopeo Non farti cadere le braccia.

In questo periodo comincia a soffrire di una gravissima forma di Parkinson, sulla quale lui ha il coraggio di scherzare, tanto è vero che scrive e indirizza una lettera a Mr. Parkinson. Ma cantando e scherzando con la sua malattia, promuove diverse iniziative per la raccolta di fondi per lo studio e l’assistenza agli ammalati di Parkinson con una serie di dischi e poesie appositamente dedicati allo scopo. Infatti, regala i diritti d’autore di una sua poesia, La mano, per utilizzare liberamente i proventi per inventare gadget. La mano stampata su oggetti e manifesti promozionali dell’Associazione Italiana Parkinsoniani e la omonima poesia  descrivono, appunto, il tremore della sua mano dovuto al forte parkinsonismo. Dopo alcuni importanti impegni come poeta nel Friuli nel 2000, nel 2001 Bruno realizza la docu-fiction Ora dicono fosse un poeta, Conversazioni e divagazioni con Bruno Lauzi, dedicata alla sua attività di poeta, per la regia di Antonio De Lucia e Filippo Viberti, con la partecipazione di Felice Andreasi, un grande e dimenticato attore comico dotato di una finissima ironia come lui.
A giugno del 2005 esce il suo ultimo romanzo dal titolo Il caso del pompelmo levigato, edito da Bompiani, mentre nel 2006 partecipa alla realizzazione del disco-tributo “… a Pierangelo Bertoli“, pubblicato per ricordare il suo amico di Sassuolo, interpretando in maniera splendida Sera di Gallipoli, un cavallo di battaglia di Pierangelo insieme al suo “A muso duro” che rispecchia senza dubbio anche il carattere di Bruno, non propenso a minimi compromessi. Va via di fatto dal mondo, anche della musica, nell’ottobre del 2006. curato dalla moglie, compagna e collaboratrice di sempre, Giovanna Coprani, sposata nel 1968.

Le mie riflessioni.

La rubrica “Annotar parole” in cui stiamo conducendo, insieme al Direttore, il tentativo di enucleare i versi che costituiscono vera poesia, astraendoci dal componimento melodico, ha avuto il suo esordio il 6 gennaio di quest’anno parlando dell’astigiano/genovese Paolo Conte, poi di Fabrizio Faber De Andrè, Dalla, Vecchioni e Piero Ciampi.
Volutamente ho posposto Bruno Lauzi non perché fosse un artista meno meritevole rispetto agli altri appartenenti alla c.d. scuola genovese di cui abbiamo già trattato, ma perché Bruno è stato un artista e un poeta a tutto campo che, contrariamente a quanto appariva in TV dove metteva in mostra la sua ironia derivante dalla sua vena cabarettistica, di fatto è stato sempre un uomo controcorrente, e, tra le sue passioni, oltre alla musica e alla letteratura, vi erano la politica, il calcio (era tifoso della Sampdoria) e la ricerca dei funghi, tanto da definirsi “poeta fungaiolo”.
Non a caso Ivano Fossati lo definì “un vero anticonformista”, sia in politica (di cui negli ultimi anni amava scrivere anche su giornali e alcuni siti internet), sia nella vita e nell’arte, guadagnandosi le stimmate di vero poeta e di musicista. Amava differenziarsi sul piano artistico dagli altri cantautori, non disdegnando di interpretare brani di altri autori, pur scrivendo brani per molti interpreti, che a volte poi interpretava successivamente (come con Piccolo uomo dedicata ironicamente a se stesso e portata al successo da Mia Martini). E’ interessante ricordare la sua particolare attrazione e attenzione verso la musica e il mercato latinoamericano, passione questa che lo fece diventare molto famoso in America meridionale, tanto è vero che tra i suoi ammiratori ebbe anche lo scrittore Gabriel García Márquez, che gli chiese l’autografo dopo un’esibizione. Bruno, incapace di piegarsi a compromessi di sorta, rifiutò anche un ruolo nel film Il Casanova di Federico Fellini, preferendo il programma televisivo in cui era all’epoca impegnato e poi, successivamente, un’esibizione alla Festa de l’Unità, dove – con onestà morale ed intellettuale – chiese all’organizzatore della serata di occuparsi prima della liberazione dai gulag degli artisti sovietici lì imprigionati.

Negli anni ‘69 e ‘70, a differenza di altri suoi colleghi notissimi cantautori come gli amici De André, Paoli e Tenco, che “militavano”, in vario modo, nella sinistra politica, Bruno – in perfetta controtendenza – intervenne invece in diversi comizi prodigandosi in particolar modo per il Partito Liberale di Malagodi e ironizzando anche su Mao Tse-tung, con Arrivano i cinesi (1969). Nel 1977, in un periodo di intensa politicizzazione della musica, quasi tutta orientata a sinistra, ebbe il coraggio di scrivere Io canterò politico, una canzone-invettiva contro i cantautori politici di sinistra, definiti  tout court «i miei finti colleghi che fan rivoluzioni / seduti sopra a pacchi di autentici milioni», finanche presentandola al Premio Tenco. Precedentemente, negli anni ’50, aveva collaborato alla nascita del quindicinale politico liberale L’Altolombardo.
Bruno era inoltre molto amico anche di Enzo Tortora, che difese e sostenne quando venne licenziato dalla Rai e quando fu ingiustamente arrestato nel 1983, venendo poi candidato dal Partito Radicale. Bruno fu iscritto per molti anni al Partito liberale – e attivo militante per lo stesso – fino al 1988, quando lasciò il PLI in aperta polemica per l’appoggio al governo di Giovanni Goria. Anni dopo, presenzierà invece al congresso di fondazione dell’Unione di Centro liberale, tenutosi a Sanremo nel 1993, e continuerà comunque a scrivere di politica, inviando al XX° congresso del PLI un messaggio ironico per il segretario: “Da questo momento smetto di essere un militante liberale. Tornerò nel partito a due condizioni: la mia elezione a segretario del PLI oppure che Altissimo impari a suonare la chitarra“, per poi dichiarare “Sono naturalmente un uomo di centro. Sono nato con il liberismo e già negli anni ’50 andavo in calzoncini corti ai comizi del partito comunista, dove c’era il ritratto di Stalin alto 20 metri, con in tasca “giustizia e libertà” di Edgardo Sogno in copertina la scritta “Stalin assassino”. Ed ero solo. Ora possiamo costruire una forza equa che recuperi i valori del centrismo con un piede nella tradizione e uno nel futuro“. Dopo mostrò un certo interesse per Forza Italia di Berlusconi, ma – lo ripeto – con onestà morale ed intellettuale, non lo appoggiò mai perché considerava Berlusconi affetto da “sindrome di Peter Pan italiano”. Dopo il periodo del PLI e del centrismo, l’unico impegno ufficiale di Lauzi fu quello civile e sociale di sostegno all’Associazione Italiana Parkinsoniani, quando fu colpito dalla patologia neurodegenerativa. Poco prima di morire, pubblicò invece una dichiarazione di voto per il centro-destra perché favorevole all’uso dell’energia nucleare.

Ho voluto parlare del vissuto politico di Bruno perché, a mio parere (e lo dice un uomo di sinistra come il sottoscritto), la mancata “omologazione” di Bruno all’area di sinistra e, al contrario, il suo impegno diretto nella politica di centro-destra, rappresentata soprattutto dal PLI, hanno purtroppo nociuto alla sua carriera poetico-musicale e ne hanno di fatto sminuito, in maniera esponenziale, il suo valore di poeta nelle canzoni. Insomma, Bruno non ha avuto in vita quel successo che si meritava, lui che è stato definito il massimo esponente della grande scuola genovese, forse proprio perché non si era, come tutti gli altri, orientato se non schierato a sinistra. E oggi assistiamo, con molto ritardo, alla sua rivalutazione postuma che sa un po’ di amaro di fronte alla sua grandezza che si ricava dai suoi brani, di cui alcune volte ha scritto soltanto il testo (vedi Io e il mare con una struggente interpretazione di Umberto Bindi).
Infatti, come autore Bruno ha firmato indimenticabili brani soprattutto per voci femminili:
1. per Mia MartiniDonna sola, Piccolo uomo, Neve bianca, Mi piace, Occhi tristi, Per amarti, Innamorata di me, Canto malinconico, Almeno tu nell’universo, Il colore tuo;
2. per Ornella Vanoni: L’appuntamento (cantata anche da Roberto Carlos), E poi tutto qui (cover in italiano di un celebre brano degli anni 60 Is there all there is? scritto da Jerry Leiber e Mike Stoller), Dettagli (testo in italiano), La casa nel campo , Come l’estate, Nell’estate dei miei anni, Alibi;
3. per Marcella Bella:  Più soffia il vento e Verde smeraldo;
4. per Anna Identici: Una rosa da Vienna (un delicato brano che partecipa al  Festival
di Sanremo 1966);
5. per Mina: Radio, Mi fai sentire così strana, Racconto, Devo dirti addio, Certe cose si fanno;
6. per Orietta Berti: La barca non va più (che partecipa al Festival di Sanremo 1981).
E poi per Mino Reitano (Cento colpi alla tua porta), Pino Donaggio (La voglia di vivere), I Nomadi (So che mi perdonerai), Piero Focaccia (Permette Signora), Michele (Ti giuro che ti amo). E infine gli adattamenti liberi in italiano di canzoni di lingua straniera tra queste ricordiamo: oltre a L’appuntamento Dettagli, scritte in portoghese da Roberto Carlos e portate al successo in Italia da Ornella Vanoni, Quanto t’amo di Johnny Halliday, Lo straniero e molte altre canzoni di Georges MoustakiChamps Elysées di Joe DassinIl mondo è grigio, il mondo è blu di Éric Charden e una decina di brani di Paul Simon, tutti racchiusi in un unico album del 1974. Si tratta di brani in italiano che, liberamente tradotti, hanno dignità di poesia come è accaduto anche per Faber.

Ma Bruno, pur essendo cantautore (e dei suoi versi citeremo alcuni suoi brani noti e meno noti), ha interpretato anche canzoni scritte da altri. E’ stato lui che ha portato al successo nel 1974 Onda su onda e Genova per noi di Paolo Conte, alle quali si aggiungono Angeli di Lucio DallaNaviganti di Ivano FossatiMolecole di Mario Lavezzi. Il 1989 è forse l’anno del suo massimo successo artistico come autore: Almeno tu
nell’universo
, scritta in coppia con Maurizio Fabrizio e interpretata da Mia Martini, vince infatti il premio della critica al Festival di Sanremo 1989 e diventa uno dei più grandi classici della canzone italiana.
Bruno è irrefrenabile e scrive anche canzoni per i bambini. Infatti nel1976 pubblica La tartaruga… e altre storie e Johnny Bassotto, quest’ultima interpretata da Lino Toffolo, nel 1977 La buona volontà per il 20º Zecchino d’Oro e nel 1979 Cicciottella interpretata da Loretta Goggi, nel 2002 La gallina brasiliana, sulla musica di Riccardo Zara, per il 45º Zecchino d’Oro.
Negli anni 90, Bruno – che come abbiamo detto ha svolto la sua carriera lontano dalla sua Genova dove aveva trascorso l’infanzia e l’adolescenza – ritorna di fatto a Genova artisticamente perché avvia una collaborazione con i Buio Pesto, per i quali scrisse il brano Meno ma (“Meno male”) e inciso la sua canzone O’ Frigideiro nel primo album del gruppo. Nel 2006, anno della sua morte, come suo ultimo lavoro, scrive Barbiturici nel
thè 
per Viola Valentino.

Come per Faber, dopo la sua morte hanno scoperto che Bruno aveva lasciato numerosissimi brani musicali e testi letterari inediti, alcuni di questi pubblicati postumi in anni recenti. Altri sono oggetto di studio. E certo ci vorrebbe una fondazione a lui intestata e dedicata sulle orme di quella di Faber. Infatti Bruno, al pari di Faber, ha bisogno di essere studiato in maniera approfondita e i suoi testi, i suoi brani, anche quelli dedicati ai bambini, debbono essere insegnati a scuola come è avvenuto e sta avvenendo sempre più per Faber. Qui di seguito alcuni suoi brani noti o meno noti che rivelano la grandezza e l’eternità della sua poesia, nonché delle sue melodie come confermano i giovani di oggi che non lo conoscevano e ai quali dobbiamo la sua non banale “riscoperta”.

Il poeta
Alla sera al caffè con gli amici
Si parlava di donne e motori
Si diceva: “Son gioie e dolori”
Lui piangeva e parlava di te
Se si andava in provincia a ballare
Si cercava di aver le più belle
Lui restava a contare le stelle
Sospirava e parlava di te
Alle carte era un vero campione
Lo chiamavano “Il ras del quartiere”
Ma una sera giocando a scopone
Perse un punto parlando di te
Ed infine una notte si uccise
Per la gran confusione mentale
Fu un peccato perché era speciale
Proprio come parlava di te
Ora dicono, fosse un poeta
Che sapesse parlare d’amore
Cosa importa se in fondo uno muore
E non può più parlare di te

Ritornerai
Ritornerai
lo so ritornerai
e quando tu
sarai con me
ritroverai
tutte le cose che
tu non volevi
vedere intorno a te
e scoprirai
che nulla è cambiato
che sono restato
l’illuso di sempre
E riderai
quel giorno riderai
ma non potrai
lasciarmi più
ti senti sola
con la tua libertà
ed è per questo che tu
ritornerai, ritornerai…
ti senti sola
con la tua libertà
ed è per questo che tu
ritornerai, ritornerai
ritornerai, ritornerai.

La donna del Sud
Una donna di nome Maria
È arrivata stanotte dal Sud
È arrivata col treno del sole
Ma ha portato qualcosa di più
Ha portato due labbra corallo
E i suoi occhi son grandi così
Mai nessuno che l’abbia baciata
A nessuno ha mai detto di sì
Ahi Maria
Ahi Maria
Ahi Maria
Ha posato le cesta d’arance
E mi ha dato la mano perché
La portassi lontano per sempre
La tenessi per sempre con me
Io le ho preso la mano ridendo
E non gliel’ho lasciata mai più
Poi siam corsi veloci nel vento
Per non farci trovare quaggiù
Ahi Maria
Ahi Maria
Ahi Maria
Una donna di nome Maria
È arrivata stanotte dal Sud
È arrivata col treno del sole
Ma ha portato qualcosa di più
(Ahi Maria, Ahi Maria, Ahi Maria)

La casa nel parco
C’è una casa nel parco
Che è in fondo al mio cuore
Ed è là che faremo all’amore
C’è un arancio sul ramo
Che sfiora il mio letto
Entra luce da un buco nel tetto
Io quel buco l’ho fatto per guardare le stelle
E guardandole insieme mi sembran più belle
C’è una latta di birra
Gelata in cucina
Mi sorridi sdraiata vicina
Ora accendi nel buio
La tua sigaretta
Ti riporta lontano la fretta
Io ho dormito stanotte sotto un tetto bucato
Ma ha piovuto e per questo mi sono svegliato
C’è una casa nel parco
Che è in fondo al mio cuore

L’ho venduta per fare all’amore

Canzone d’amore
Questa notte anche la luna s’è incantata
Su nel cielo pigramente s’è sdraiata
Guarda te che innamorata stai guardando me
E chissà se pure lei si chiede perché
Perché tutto così strano amore mio
Fino a ieri dovevamo dirci addio
Ma è bastata una parola sola tra di noi
E da adesso io ti voglio e tu mi vuoi
E improvvisamente canti una canzone
Come nasce un fiore a maggio sul balcone
Ed il mondo tutto fermo che ti ascolta
Che bello far l’amore di una volta
E ascoltandoti la vita se ne va
Forse tu sei quella giusta, chi lo sa
Per incanto il nostro tempo s’è fermato
E io sono di nuovo innamorato
Per incanto il nostro tempo s’è fermato
Ed io sono di nuovo innamorato
Questa notte anche la luna s’è incantata
Chissà mai che pure lei s’è innamorata
Per incanto il nostro tempo s’è fermato
E io sono di nuovo innamorato
Per incanto il nostro tempo s’è fermato
E io sono di nuovo innamorato

Io canterò politico
Io canterò politico quando starete zitti
E tutti i vostri slogan saranno ormai sconfitti
Quando sarete stanchi di starvene nel coro
A battere le mani solo se lo voglion loro
Ed avrete bisogno dell’individualismo
Per vincere la noia di un assurdo conformismo
Io, io canterò politico ma il giorno è ancor lontano
Per ora sono l’unico ad andare contromano
Ma i miei finti colleghi che fan rivoluzioni
Seduti sopra pacchi di autentici milioni
Dovranno ritornare al ruolo di pulcini
Lasciando intatto il candido e poetico Puccini
Io, io canterò politico ma sarò troppo vecchio
E ai giovani dell’epoca io, io romperò parecchio
Il gusto del dissenso l’avranno ormai perduto
E il festival giù in piazza lascerà il paese muto
Pace nel silenzio sì, questa è democrazia
Ma il primo che lo nega voi, voi lo cacciate via
Io canterò politico soltanto per la gente
Che è pronta a riconoscere di non capirci niente
Non è cambiando tattica o il nome del padrone
Che il popolo ha finito d’esser preso per coglione
Volete stare comodi, nessuno a disturbarvi
Eh beh, siete serviti, potete masturbarvi

Io e il mare
[Testo di Bruno Lauzi – Musica e canto di Umberto Bindi]
Sembra ferma l’acqua chiara,
ma si muove piano piano.
Incomincia a fremere,
ha voglia di correre.
Vibrazioni dell’anima,
che incomincia a conoscere
emozioni semplici
che comunque abituano
la nostra età
ad andar sempre
dove il cuore vuole,
come il mare.
Come il mare.
 
Io non torno mai
A trovare lei.
Lei, la spiaggia della foce,
che mi ha fatto amare il mare.
Là, m’innamorai.
Là, innanzi a lui,
no, non mi son mai pentito,
ma la vita mi ha cambiato. 
Sai, da giovane è facile,
poi… poi diventa difficile:
si diventa cinici,
pigri e malinconici;
non si sa più
se val la pena
di lasciarsi andare
come il mare.
Come il mare. 
Ma, dentro di me,
so che tornerò
alla spiaggia della foce,
quando tornan le lampare.
Sarò tra i pesci
che avranno tirato su,
rinchiuso tra le loro reti,
gettate nel più profondo mare.

 
Piccolo uomo
Due mani fredde nelle tue
Bianche colombe dell’addio
Che giorno triste questo mio
Oggi tu ti liberi di me
Di me che sono tanto fragile
E senza te mi perderò
Piccolo uomo non mandarmi via
Io piccola donna morirei
È l’ultima occasione per vivere
Vedrai che non la perderò, no
È l’ultima occasione per vivere
Avrò sbagliato, sì lo so
Ma insieme a te ci riuscirò
Perciò ti dico
Piccolo uomo non mandarmi via
Io piccola donna muoio se mi lascerai
Aria di pioggia su di noi
Tu non mi parli più, cos’hai?
Certo se fossi al posto tuo
Io so già che cosa mi direi
Da sola mi farei un rimprovero
E dopo mi perdonerei
Piccolo uomo non mandarmi via
Io piccola donna morirei
È l’ultima occasione per vivere
Vedrai che non la perderò
Io posso, io devo, io voglio vivere
E insieme a te ci riuscirò, io devo farlo
È l’ultima occasione per vivere
Vedrai che non la perderò
Perché io posso, io devo, io voglio vivere
Ci riusciremo insieme
Piccolo uomo non mandarmi via
Io piccola donna muoio se mi lascerai
Piccolo uomo non mandarmi via (No, no)
Piccola donna sola morirei
Piccolo uomo non mandarmi via
Io piccola donna muoio se mi lascerai

Almeno tu nell’universo
Sai, la gente è strana
Prima si odia e poi si ama
Cambia idea improvvisamente
Prima la verità poi mentirà lui
Senza serietà, come fosse niente
Sai, la gente è matta
Forse è troppo insoddisfatta
Lei segue il mondo ciecamente
E quando la moda cambia
Lei pure cambia
Continuamente, scioccamente
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell’universo
Un punto sei, che non ruota mai intorno a me
Un sole che splende per me soltanto
Come un diamante in mezzo al cuore
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell’universo
Non cambierai
Dimmi che per sempre sarai sincero
E che mi amerai davvero
Di più, di più, di più
Sai, la gente è sola
E come può lei si consola
Ma non far sì che la mia mente
Si perda in congetture, in paure
Inutilmente e poi per niente
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell’universo
Un punto sei, che non ruota mai intorno a me
Un sole che splende per me soltanto
Come un diamante in mezzo al cuore
Tu, tu che sei diverso
Almeno tu nell’universo
Non cambierai
Dimmi che per sempre sarai sincero
E che mi amerai davvero
Di più, di più, di più
Di più
Non cambierai
Dimmi che per sempre sarai sincero
E che mi amerai davvero
E davvero di più

Lo straniero
[di G. Moustaki – testo italiano di Bruno Lauzi]
Con questa faccia da straniero
Sono soltanto un uomo vero
Anche se a voi non sembrerà.
Ho gli occhi chiari come il mare
Capaci solo di sognare
Mentre ormai non sogno più.
Metà pirata metà artista
Un vagabondo un musicista
Che ruba quasi quanto dà
Con questa bocca che berrà
A ogni fontana che vedrà
E forse mai si fermerà.
Con questa faccia da straniero
Ho attraversato la mia vita
Senza sapere dove andar
E’ stato il sole dell’estate
E mille donne innamorate
A maturare la mia età.
Ho fatto male a viso aperto
E qualche volta ho anche sofferto
Senza però piangere mai
E la mia anima si sa
In purgatorio finirà
Salvo un miracolo oramai.
Con questa faccia da straniero
Sopra una nave abbandonata
Sono arrivato

Dopo la presentazione di questi versi mi devo fermare.
Perché la produzione poetico-musicale di Bruno Lauzi è francamente infinita e di essa ci sono ancora i testi e brani postumi che debbono essere tutti presentati perché forse si tratta di gemme o di diamanti di cui non abbiamo potuto ammirare e valutare la straordinaria bellezza. Peccato, peccato veramente che Bruno non abbia avuto in vita il successo che si meritava e resta un mistero questo “peccato” della critica poetico-musicale italiana. E tuttavia la grandezza di Bruno la si può tangibilmente apprezzare leggendo il testo struggente di “Io e il mare” musicata e cantata da Umberto Bindi, un altro grande artista distrutto in vita per la sua omosessualità e per un comportamento omofobo di parecchi nei suoi confronti, Umberto Bindi, che è morto povero e salvato solo all’ultima dalla cd legge Bacchelli.

Nel rileggere i versi di Bruno, specialmente quelli delle canzoni non abbastanza note, mi vengono i brividi a leggere Una casa nel parco (“C’è una casa nel parco che è in fondo al mio cuore/ed è là che faremo all’amore/C’è un arancio sul ramo che sfiora il mio letto/Entra luce da un buco nel tetto/Io quel buco l’ho fatto per guardare le stelle/E guardandole insieme mi sembran più belle/.C’è una latta di birra gelata in cucina/Mi sorridi sdraiata vicina/Ora accendi nel buio/La tua sigaretta/Ti riporta lontano la fretta/Io ho dormito stanotte sotto un tetto bucato/Ma ha piovuto e per questo mi sono svegliato/C’è una casa nel parco/Che è in fondo al mio cuore/L’ho venduta per fare all’amore”).
Oppure i versi anche essi struggenti de La donna del Sud (“Una donna di nome Maria/È arrivata stanotte dal Sud/È arrivata col treno del sole/Ma ha portato qualcosa di più/Ha portato due labbra corallo/E i suoi occhi son grandi così/Mai nessuno che l’abbia baciata/A nessuno ha mai detto di sì/Ahi Maria Ahi Maria Ahi Maria/Ha posato le cesta d’arance/E mi ha dato la mano perché/La portassi lontano per sempre/La tenessi per sempre con me/Io le ho preso la mano ridendo/E non gliel’ho lasciata mai più/Poi siam corsi veloci nel vento/Per non farci trovare quaggiù/Ahi Maria Ahi Maria Ahi Maria/Una donna di nome Maria/È arrivata stanotte dal Sud/È arrivata col treno del sole/Ma ha portato qualcosa di più”).
Questa, e non soltanto questa, è vera poesia e niente più.
E su Bruno Lauzi il discorso non è per niente chiuso, deve essere riaperto per dare a Bruno, dopo 15 anni dalla sua scomparsa, il riconoscimento e la sua rivalutazione, congiunta al suo ricordo non effimero dovuto ad uno dei più grandi poeti del 900, al pari di Faber, Paolo Conte, Roberto Vecchioni.
E con l’ansia di andare a leggere, di andare ad “odorare” le carte postume ancora non pubblicate, dove ci saranno sicuramente dei fiori. Forse superiori a quelli esaminati fino ad ora.

Nicola Raimondo

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