La “Salomè” di Oscar Wilde al Teatro Piccinni di Bari

Appuntamento da domani 5 marzo fino a tutto l’8 marzo 2020 (sempre alle ore 21.00, tranne domenica 8 alle ore 18.00) al Teatro Piccinni di Bari per la Stagione di Prosa del Comune di Bari e del Teatro Pubblico Pugliese con la “Salomèdi Oscar Wilde, una produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Verona, nella traduzione di Gianni Garrera e l’adattamento e regia di Luca De Fusco, con Eros Pagni (Erode), Gaia Aprea (Salomè), Anita Bartolucci (Erodiade), Alessandro Balletta (secondo giudeo), Silvia Biancalana (paggio di Erodiade), Paolo Cresta (un sadduceo), Gianluca Musiu (giovane siriano / un nazareno), Alessandra Pacifico Griffini (schiava di Salomè), Giacinto Palmarini (Iokanaan), Carlo Sciaccaluga (soldato), Francesco Scolaro (un nubiano / un fariseo), Paolo Serra (Tigellino / cappadociano), Enzo Turrin (primo giudeo).

Note di regia.
Poche volte si verifica un caso di un titolo tanto noto quanto poco rappresentato. Salomè è un grande archetipo, un simbolo eterno diamore e morte ma la sua versione lirica è comunemente rappresentata mentre il capolavoro di Wilde sembra destinato più alla lettura che allarappresentazione. In effetti i registri che Wilde usa oscillano tra il drammatico, l’ironico, l’erotico, il grottesco in una miscela che è effettivamente molto ambigua e di difficile rappresentazione proprio per i suoi meriti, ovvero per la sua originalità, che la fa solo in apparenza somigliare ad una tragedia greca mentre in realtà ci troviamo di fronte ad un’opera unica nel genere. È inoltre enigmatica ed inafferrabile la natura della protagonista e il suo desiderio di amore e morte che non trova logiche spiegazioni. Perché allora affrontare una sfida così difficile? Innanzitutto, appunto, per il gusto delle sfide. Uno dei modi di innovare il repertorio teatrale non è solo quello di incoraggiare la nascita di nuovi testi, come pearaltro facciamo frequentemente, ma è anche quello di rimettere in circolazione opereche sono uscite dai cartelloni per pigrizia mentale, per abitudine, per poco coraggio, di registi e teatri. È poi nota la mia passione per le contaminazioni tra teatro, danza, musica, cinema. Salomè, con la sua luna piena incombente e allucinata, con la sua danza dei sette veli, sembra quindi un testo ideale per questo teatro “spurio” che prediligo da molto tempo. Credo inoltre di aver qualcosa da dire sulla natura della protagonista. Credo che l’amore/odio di Salomé per Iokanaan sia figlio di quel desiderio mimetico su cui il grande antropologo René Girard ha scritto pagine memorabili. In sostanza, a mio avviso, Salomé ama talmente il profeta da volersi trasformare in lui stesso. Non può e non vuole uscire da una dimensione narcisistica dell’amore e quindi si specchia nel profeta. Questa intuizione, spero felice, porterà ad un finale sorprendente che preferisco non rivelare. Ma affrontiamo la sfida anche perché ci basiamo su un quartetto di attori di eccezione come Eros Pagni, Gaia Aprea, Anita Bartolucci e Giacinto Palmarini che incarnano rispettivamente i ruoli di Erode, Salomè, Erodiade, Iokanaan.
Luca De Fusco

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