La guerra santa di Erdogan

Attacco della Turchia ai Curdi. Il secondo esercito della Nato; 50.000 mercenari jihadisti; 300 carri armati supportati dall’artiglieria pesante; cellule dormienti dell’Isis nelle retrovie. Un’armata sostenuta da una potente propaganda mediatica di turchi e qatarioti, che agisce con la sostanziale complicità o indifferenza dei governi d’Occidente e d’Oriente. Situazione all’ottavo giorno dell’offensiva di Erdogan: la Resistenza Curda nella città di Ras al Ain, la prima ad essere attaccata, continua. Continua nonostante gli incessanti raid aerei in un ambiente naturale che non favorisce certo la difesa. La storia di noi Curdi è costellata da eccidi di questo tipo, ma abbiamo la brutta abitudine di non smettere mai di amare la vita e la libertà. E così sarà anche questa volta.” (17 ottobre 2019) (Adib Fatehali, giornalista curdo da tempo residente in Italia)

Nei giorni scorsi, rilasciavo su Facebook una mia riflessione che di seguito riporto.

“Solo qualche minuto fa il telegiornale di Sky, per bocca di un signore che non conosco, ha voluto darci una lezione morale su quanto avvenuto in due campi di calcio ieri sera, e su alcune dichiarazioni del ct della nazionale italiana di calcio, Roberto Mancini. Le partite erano Bulgaria/Inghilterra e Francia/Turchia. Nel corso della prima, un nutrito gruppo di facinorosi si è divertito ad intonare cori e canti razzisti e fascisti, accompagnandoli col saluto romano, ed inveendo contro giocatori di colore della nazionale inglese. Nella seconda partita, in Francia, i giocatori della nazionale turca hanno eseguito il saluto militare verso il pubblico, accompagnandolo con cori pro Erdogan. Certamente il secondo episodio è più grave del primo, dato che i cori razzisti ormai sono – purtroppo – “patrimonio” anche di tutti gli stadi italiani ogni settimana; il secondo, invece suona come avvertimento e provocazione nei confronti dell’Europa che critica l’aggressione di Erdogan (benché blandamente ed ipocritamente, secondo me). Ma sin qui niente di particolare, se non fosse che questi due episodi sono stati messi insieme e trattati congiuntamente alle proteste avvenute in Catalogna in seguito alle pesantissime condanne inflitte ai separatisti catalani, e ad una dichiarazione rilasciata da Pep Guardiola (allenatore di calcio, catalano), che ritiene le condanne assolutamente inique ed esagerate in rapporto alla natura dei presunti reati di cui vengono accusati. Personalmente, sono d’accordo con Guardiola, anche perché i reati contestati sono reati d’opinione, non essendo stato commesso alcun atto terroristico o equivalente, ed essendo stata invece, in quell’occasione, la guardia civile spagnola a rendersi responsabile di violenze ed abusi. Ma anche qualora li si volesse considerare reati (tali da giustificare pene detentive da nove a tredici anni), come si può pensare di mettere insieme questo episodio (il video di Guardiola) con quanto avvenuto in Bulgaria e Francia? La spiegazione ce la fornisce, nello stesso telegiornale, il ct della nazionale Roberto Mancini, dichiarando che per lui lo sport deve unire e non dividere, che non ci sono problemi a giocare la finale di Champions League ad Istanbul, perché lui ha lavorato un anno ad Istanbul, che è una bella città, e si è trovato bene (e vorrei vedere, con uno stipendio di svariati milioni all’anno) e bla… bla… bla. Il calcio, quindi, continua ad essere un mondo sospeso tra cielo e terra, che non deve curarsi di guerre, morti, fascismo e quant’altro, ma piuttosto di club, nazionali, giocatori, e, soprattutto, sponsor.”

Proseguendo quel discorso, oggi credo si possano fare alcune altre considerazioni e distinzioni.

Ad esempio, il mondo del calcio ha già abbandonato le volontà punitive nei confronti della Turchia, a seguito dei fatti accaduti durante la partita di calcio Francia/Turchia, e le sceneggiate dei calciatori turchi. Almeno sino a questo momento. Infatti non è in discussione la sede (Istanbul) della finale di Champions League (duramente criticata su queste stesse pagine nella rubrica “La voce del Sarago”), né altri provvedimenti.

Ma, d’altra parte, l’esempio viene dall’alto, da quella che dovrebbe essere la più alta istituzione mondiale, l’ONU. Infatti, il consiglio di sicurezza si è ben guardato da prendere risoluzioni contro la Turchia. Deplorazione e nulla più. Così come l’Unione Europea del resto.

Nel frattempo, sul territorio siriano si continua a morire, ed i Curdi denunziano anche l’impiego da parte dei Turchi di armi non convenzionali ed illegali (in sostanza armi chimiche, dato che provocano terribili ustioni).

Ora, su pressioni americane, è stata proclamata una tregua di 5 giorni, e il sultano ha detto che fermerà la guerra se i Curdi deporranno le armi e abbandoneranno i loro territori. È come se qualcuno dicesse a noi: se mi apri la porta e te ne vai di casa, non te la sfascio. In pratica il sultano vuole vincere la guerra senza neanche sprecare le munizioni, conservandole per la prossima aggressione.

Forse il mondo virtuale ha preso il sopravvento; forse non è vero quello a cui stiamo assistendo e che stiamo ascoltando.

Ovviamente, i Curdi accettano la tregua ma non le altre assurde condizioni. E, dunque, ancora una volta, viva il popolo curdo.

Ma, per non essere tacciato di partigianeria e di mettere in risalto i fatti solo in negativo, devo riferire di un dibattito sul razzismo svoltosi oggi nel salotto bene di Sky, condotto e moderato dalla bella di turno, dove però una volta tanto si è parlato più in concreto del problema-razzismo, e si sono sentiti gli ospiti dire che “il razzismo negli stadi rispecchia ciò che succede nella società”; che “vanno aumentate le responsabilità delle società calcistiche”; che “vanno inasprite le sanzioni sia prima che nel corso della partita”; che “deve sparire la tolleranza”. Tutto questo alla presenza attiva e partecipata del presidente della Federazione Calcio Gravina, il quale non mi pare abbia usato le solite frasi di circostanza. Dunque, un punto a vantaggio della redazione giornalistica di Sky.

Non si può non rilevare comunque che della guerra non si è più parlato, e ci si è dilungati invece sulle questioni dei cori e dei comportamenti razzisti. Non sarà che la preferenza è dovuta al fatto che la deriva razzista nel calcio mette in crisi lo stesso sistema, e ne scalfisce le sue certezze? E questo sarebbe un bel guaio per chi del sistema calcio vive? Mentre i Curdi, in fondo, vivono lontano da noi, nella Siria orientale, a migliaia di chilometri.

Ma no, sarà che sono un ipercritico disfattista.

Franco Muciaccia

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1 commento su “La guerra santa di Erdogan

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