
Un album e un tour per festeggiare vent’anni di carriera, che nascono mescolando discipline diverse, eppure ugualmente coinvolgenti, come la musica e la pittura: è questo lo spettacolo che Remo Anzovino, pianista friulano di origini partenopee, ha portato sul palco del Teatro Forma di Bari.
Uscito a fine gennaio per l’etichetta Decca Italy e distribuito da Universal Music Italia, Atelier in pochi giorni si è posizionato al 7° posto nella top 20 dei cd e vinili più venduti, e al 53° posto della classifica generale, divenendo di fatto l’unico disco di musica strumentale ad essere presente nella classifica FIMI/GFK dei 100 album più venduti.
All’arrivo, sul palco in penombra, due opere grafiche di Giorgio Celiberti sul fondale, due lunghi teli su cui si stagliano pennellate, segni, alfabeti sconosciuti all’umanità, segni del tempo, a ricordare subito che l’album del tour è stato registrato proprio nell’atelier del pittore e scultore udinese, una delle personalità più prestigiose dell’arte italiana e internazionale del ‘900 e del nostro secolo. È stato proprio il maestro Celiberti a voler ospitare la musica di Anzovino nel suo studio, contribuendo così alla creazione di un progetto irripetibile, registrato in un luogo tanto intimo quanto affascinante, che ha conquistato di diritto anche il titolo e la copertina dell’album. Anche l’artwork nasce dallo speciale rapporto tra i due artisti: il titolo è scritto a mano da Celiberti e il packaging esclusivo dell’album contiene al suo interno una copia di Emozioni d’amore, l’opera originale immortalata nella foto di copertina di Paolo Grasso.
Davanti alle opere di Celiberti solo un pianoforte a coda e sul palco Remo Anzovino, che calca le assi del Teatro Forma con semplicità e un’intensa presenza scenica che da subito porta il corpo dell’artista a dialogare con il luogo e con il pubblico in un crescendo che arriverà a fine spettacolo al coinvolgimento totale degli spettatori.
In Atelier convivono le grandi passioni di Anzovino: il suo trasporto per il cinema e l’arte, il forte amore per la composizione e il pianoforte che negli ultimi due anni lo ha portato a esibirsi in oltre 60 concerti in piano solo. La scaletta apre con Chaplin, una pagina composta circa vent’anni fa per la sonorizzazione dal vivo del capolavoro di Charlie Chaplin Il circo, si ritrovano poi brani dei primi album, Dispari e Tabù, i lavori di maggiore complessità come Igloo e Viaggiatore immobile, fino al suo primo album internazionale Nocturne, e al più recente Don’t forget to fly, ma trovano posto anche Irenelle, brano dedicato alla figlia, On a tight trope, tango notturno di strade bagnate, grandi amori e solitudini, Odio l’estate in una versione morbida, calda e struggente.
«In venti anni di carriera non sono mai stato interessato a seguire le mode, piuttosto sono sempre stato attratto dalla possibilità di descrivere il mio tempo per far diventare musica le storie chiuse nei cassetti, non sono stato molto autobiografico nelle mie composizioni, perché sono sempre stato attratto dalle ‘cose dei miei simili’» si presenta così Anzovino alla fine del primo blocco di brani, con una dichiarazione di intenti che troverà forma nel secondo blocco del concerto, un filato dei suoi temi cinematografici più importanti, un viaggio in sei stazioni: Giverny, Egitto, Roma, Arles, Martinica e Messico con la musica che ha valorizzato film dedicati ad artisti leggendari quali Monet, Van Gogh, Gauguin, Borromini e Bernini, Frida Khalo, fino alle meraviglie del Museo Egizio di Torino.
Apre la terza parte Galilei, brano nato dall’osservazione delle stelle e dalla consapevolezza che «ognuno di noi, almeno una volta nelle vita, ha abiurato un sogno». Seguono Estasi, Nocturne in Tokyo, Istanbul, Igloo per arrivare ad accendere l’entusiasmo totale del pubblico sul ritmo coinvolgente di Metropolitan. Allelujah chiude il concerto, un brano dedicato alle imperfezioni, ai fallimenti e ai tradimenti su cui inciampiamo nella vita.
Ventidue pezzi e un Allelujah hanno riempito la sala del Teatro Forma di Bari per coprire lo spettro molto ampio dello stile stile pianistico e dell’unicità compositiva di Remo Anzovino, in grado di fondere elementi musicali che spaziano dalla musica classica al jazz, attraversano il tango e la tradizione musicale latina, passando per le melodie della scuola napoletana e quegli elementi che rendono distintiva la sua scrittura cinematografica. Uno stile dal linguaggio universale e contemporaneo in grado di superare gli steccati culturali e di genere.
Simona Irene Simone
Foto dalla pagina Facebook del Teatro