
Con il concerto del 25 luglio a Bari, sempre ai giardini Princigalli, si è conclusa una quattro giorni di concerti per il Festival Metropolitano Bari in Jazz, con la strepitosa esibizione del giovane sassofonista americano Isaiah Collier. Un concerto da sold out, che ha lasciato tutti (davvero tutti) a bocca aperta per la padronanza tecnica, il linguaggio fresco e moderno e un gruppo di musicisti (tutti giovanissimi) più che affiatati. Una serata davvero indimenticabile.

Isaiah Collier è un polistrumentista, compositore, attivista ed educatore originario di Chicago, attualmente residente tra Chicago e New York. Nato nel 1998, ha iniziato a suonare il sassofono all’età di 11 anni, dimostrando fin da subito un talento straordinario che lo ha portato a emergere rapidamente nella scena musicale della sua città. Collier ha studiato alla Chicago High School for the Arts e al Jazz Institute of Chicago, per poi proseguire la sua formazione al Brubeck Institute in California. Le sue influenze spaziano da John Coltrane a Roscoe Mitchell, e la sua musica è spesso descritta come una “macchina del tempo sonora” che fonde soul, Afrobeat, funk e free jazz.

Già con il suo terzo album, “Cosmic Transitions”, pubblicato nel 2021, ha ottenuto la un recensione a cinque stelle da Downbeat e più menzioni come Album dell’anno. La potente suite è stata registrata nel leggendario studio di Rudy Van Gelder il giorno del compleanno di Coltrane, utilizzando alcune delle stesse apparecchiature analogiche utilizzate per la sessione di registrazione originale di “A Love Supreme”. Non solo mette in mostra l’ampia gamma musicale e il talento espressivo di Collier, ma riesce anche a onorare la tradizione in cui si iscrive, pur rimanendo decisamente lungimirante. Da allora la sua ascesa è divenuta inarrestabile, conquistando la ribalta in tutto il mondo. Questa estate è arrivato a Bari dopo aver raccolto plausi e consensi a Umbria Jazz e alla Casa del Jazz (giusto per citare alcuni festival).
Il suo ultimo album “The World Is On Fire”, un diario di osservazione di Collier che riflette sul tumultuoso periodo che va da prima della pandemia a oggi. Il titolo stesso mette in luce le azioni vili commesse da chi detiene il potere, affrontando temi di sconvolgimenti economici, razzismo sistemico e l’incessante lotta per la giustizia.

Insieme a lui, sul palco, Liya Grigoryan al Rohdes piano, Emma Dayhuff al contrabbasso e Tim Regis alla batteria. Tutti e quattro giovanissimi, con una voglia di esprimersi e rompere qualsiasi schema.
Liya Grigoryan è una pianista attiva sulla scena di New York. Si esibisce frequentemente negli Stati Uniti e in Europa, sia con i suoi gruppi che con artisti. Grigoryan ha pubblicato il suo primo album da leader, “Liya Grigoryan Trio”, nel 2016.
Liya Grigoryan è stata finalista al Thelonious Monk International Jazz Piano Competition nel 2018. Ha iniziato a comporre i suoi brani intorno ai 12 anni. Ha vinto diversi premi internazionali di alto profilo per giovani musicisti, tra cui il Leiden Jazz Award e il Keep an Eye Foundation’s Jazz Award nei Paesi Bassi, e la borsa di studio Jazz by the Pool in Italia (Padova).

E’ nata in Armenia ma è cresciuta in Russia. All’età di 5 anni ha iniziato a studiare pianoforte alla Kim Nazaretov Jazz School. Da sempre attratta dal jazz, ha studiato sia jazz che pianoforte classico. Grigoryan ha vinto il suo primo concorso jazz internazionale nel 1998 e alla giovane età di 9 anni ha iniziato a girare l’Europa con un collettivo jazz. Dopo il diploma, ha continuato gli studi al Conservatorio di Amsterdam, trascorrendo un anno all’estero alla Manhattan School of Music di New York. Durante questo periodo è stata anche componente stabile della East-West Jazz Orchestra. Grigoryan ha conseguito un master in Jazz Performance nel 2016.

Emma Dayhuff è una bassista e compositrice dinamica, rinomata per il suo stile soul e il suo approccio innovativo. Con una carriera ventennale, ha condiviso il palco con luminari del jazz come Herbie Hancock, David Murray, Cecile McLorin Salvant e Patricia Barber. Il suo modo di suonare fonde perfettamente elementi di jazz, improvvisazione sperimentale e musica contemporanea, creando un’esperienza sonora unica e coinvolgente.

Il suo album di debutto, Innovation & Lineage: The Chicago Project , sarà pubblicato il 15 agosto prossimo, e vedrà la partecipazione di Dee Alexander, Isaiah Collier e Kahil El’Zabar.

Del giovanissimo batterista Tim Regis non si sa molto, ma tutti siamo stati impressonati dal ritmo incalzante con cui ha sostenuto tutti gli assoli di Collier, dal primo all’ultimo minuto.

Con la sua band, Isaiah Collier & The Chosen Few, ha pubblicato diversi album acclamati dalla critica, tra cui Cosmic Transitions (2021), registrato negli storici studi Van Gelder, e The Almighty (2024), inserito tra i migliori dischi jazz dell’anno dal New York Times. The World Is On Fire è l’ultimo album pubblicato il 18 ottobre 2024.
Collier è uno dei musicisti del momento. The Chicago Tribune lo ha nominato Jazz Artist of the Year 2024. Il suo disco “The Almighty” fu selezionato tra i Top Ten Jazz Recordings del 2024 dal New York Times. Downbeat lo ha scelto tra i “25 for the future” nel numero di luglio 2024 in occasione del novantesimo anniversario della rivista. Sempre con Downbeat Collier ha vinto il referendum della critica come Rising Star del sax tenore nel 2023 e del sax soprano nel 2024. Recensendo il suo terzo album, uscito quattro anni fa, quando Isaiah Collier aveva 23 anni, il critico americano Joshua Myers ha scritto che “non è la sua età che sciocca, ma quello che suona”.

Sin dal primo brano (Crash, tratto dall’ultimo CD The world in on fire), con un assolo durato circa 15 minuti, ho avuto la netta sensazione di riascoltare la musicalità di Pharaoh Sanders e Kamasy Whashington: tradizione ed innovazione. Anche l’impegno politico è stato evidente, sia con la dedica a George Foyd (le sirene della polizia riprodotte da un piccolo megafono), sia le affermazioni di solidarietà con il popolo palestinese.

In molti siamo accorsi per ascoltare questo musicista straordinario, ma siamo rimasti letteralmente sorpresi a vedere come tutto il groppo è riuscito a ipnotizzare il pubblico, utilizzando un linguaggio musicale davvero innovativo. Davvero un concerto straordinario. Forse il più bello di tutta la rassegna. Un concerto da dieci e lode. Alla faccia di chi si ostina a dire che ormai il jazz è morto.
Ancora grazie al Festival Metropolitano Bari in Jazz e al Direttore Artistico Koblan Amissah Bonaventure. A questo punto Bari in Jazz, per il mese di agosto si sposterà al Minareto della Selva di Fasano dove di certo non mancheranno sorprese.
Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro