Un addio che è anche monito ed auspicio per il presente: i ‘CCCP- Fedeli alla linea’ hanno infiammato il Locus Festival 2025 con la tappa barese del loro tour “CCCP – Ultima chiamata”

Sul palco della Radio Norba Arena, il nuovo spazio pensato all’interno della Fiera del Levante di Bari, nell’ambito dell’edizione 2025 del Locus Festival di Bass Culture, in una fresca serata di mezza estate, incendiata dalla potenza evocativa e senza tempo del punk, per la prima – e ultima? – volta, sono saliti i CCCP – Fedeli alla linea, una delle band italiane più rivoluzionarie e iconiche della scena musicale alternativa, per l’attesissima tappa del tour d’addio “CCCP – Ultima chiamata“.

Il pubblico presente, variegato, attraversava più generazioni: da chi ha vissuto e militato nel fermento politico-culturale degli anni ’80, ai giovani e giovanissimi che quegli anni non li hanno conosciuti, ma li hanno ormai mitizzati perché anni di lotta e impegno autentici – oggi sempre più rari – rievocati-raccontati dai suoni, dalle parole e dalla mimica della band emiliana.

La serata si è aperta con una performance intensa ed emozionante di Licia Lanera insieme ai Sunday Beens, che ha perfettamente anticipato il mood della serata. L’attrice e regista barese, pluripremiata ai Premi Ubu, ha stregato il pubblico con una serie di monologhi struggenti, accompagnati dalle sonorità blues-rock psichedeliche della band. Un prologo potente, un’ouverture teatrale coerente con il carico simbolico del concerto che sarebbe seguito.

Il concerto dei CCCP prende avvio e, come ha detto Giovanni Lindo Ferretti, leader incontrastato del gruppo, è davvero una “ultima chiamata”. Dopo il ritorno “irripetibile” a Berlino, città dove tutto è cominciato, il gruppo emiliano ha deciso, invece, di intraprendere un vero e proprio tour d’addio, portando in scena la propria leggenda un’ultima volta.

Sul palco le nuove reclute della band: Luca Rossi al basso, Simone Filippi alla batteria, Simone Beneventi alle percussioni e Ezio Bonicelli, che ha donato momenti di poesia alternando chitarra e violino. Poi, come apparizioni mitologiche, sono salite l’Artista del Popolo Danilo Fatur e la Benemerita Soubrette Annarella Giudici, icone viventi della “rappresentazione teatrale” dei CCCP. Infine, il cuore pulsante del gruppo: Massimo Zamboni e il già citato Giovanni Lindo Ferretti, i fondatori, i visionari, i testimoni di un tempo in cui la musica sapeva farsi militanza.

Il concerto non ha concesso pause né distrazioni. La scaletta senza tregua ha unito brani dalla carica punk travolgente come “Per me lo so“, “Curami” “Mi ami?” e “Oh Battagliero“, ad altri più riflessivi e profondi come “Io sto bene” “Morire” e l’emozionante chiusura con “Amandoti” eseguita in una struggente versione solo voce e violino.

Tutto, ovviamente, permeato da quella dimensione politica e ideologica che ha sempre contraddistinto i CCCP, non come semplice sfondo, ma come materia viva e incandescente della loro poetica.

Ferretti, oggi figura leggendaria del punk italiano, non ha perso un colpo. La sua voce, la sua presenza scenica, la sua intensità interpretativa sono rimaste intatte, sacre, quasi liturgiche. Le performance di Fatur e Annarella, pur segnate dal tempo, hanno mantenuto il loro potere emotivo fortissimo e surreale .

Zamboni, nonostante qualche imperfezione tecnica, ha risvegliato le anime punk con i suoi riff distorti e inconfondibili. La band “giovane” alle sue spalle è apparsa coesa, solida, pienamente dentro al suono CCCP.

Le due ore di live sono volate. Due ore di punk senza compromessi, intenso, politico, a tratti commovente. Ma il vero significato del tour d’addio dei CCCP sembra andare oltre la celebrazione di un passato glorioso: è anche un monito ed insieme un auspicio per il presente.

In un mondo scosso da guerre, crisi, contraddizioni culturali e appiattimento artistico, il ritorno dei CCCP assume un valore quasi profetico. Oggi non esistono più band come loro, capaci di guidare un movimento, di incarnare un’ideologia, di urlare la rabbia collettiva con coerenza e radicalità e mentre molti artisti contemporanei si limitano a esporre simboli politici come bandiere-palcoscenico per restare “al passo” con la coscienza di tendenza, i CCCP ci ricordano cosa significhi essere davvero parte di una linea, fedeli a un’urgenza etica ed esistenziale.

Forse è questo il motivo per cui i giovani di oggi si aggrappano al passato con così tanta fame. Perché la lotta, oggi, è forse ancora più necessaria, ma mancano le voci capaci di guidarla.

Tuttavia, finché ci saranno palchi su cui può ancora risuonare “Amandoti” sussurrata con dolcezza e disperazione, allora forse un po’ di quella scintilla continuerà a vivere.

Vicky Berardinetti
Foto di Vicky Berardinetti

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