Perché il Pride?

Poiché spesso non si riesce a spiegare o a spiegarsi anche con persone che sulla carta si dichiarano progressiste e di ampie vedute, ho pensato di mettere su una specie di lista di “Perché” che riguardano il Pride, così chi ci va, si spiega meglio, chi non ci è mai andato, ci può andare con una maggiore consapevolezza, e chi non ci vuole andare, sa cosa si perde.

Perché a giugno?

Le radici del Gay Pride affondano nel 1969, allo Stonewall Inn del Greenwich Village di New York, tra il 27 e il 28 giugno. Chi ha qualche anno in più sa bene che era consuetudine, anche nel mondo occidentale, che la polizia irrompesse in un locale, con la scusa dell’oltraggio al pubblico pudore, arrestando persone non eterosessuali o non vestite con abiti del loro genere di nascita. Potevi pure incorrere in un arresto solo perché ti trovavi lì.

Quella notte, un gruppo di persone ha deciso che non ne poteva più, manifestando. La loro protesta, improntata all’orgoglio (Pride in inglese), orgoglio che chiede dignità per ogni singola persona, si è diffusa anche nell’opinione pubblica e si è fatta piattaforma politica di rivendicazione, sempre più numerosa, sempre più consapevole, fino ai giorni nostri.

Perché Pride e non Gay Pride?

La piattaforma politica, allargandosi, ha svelato una verità essenziale: la discriminazione verso la comunità LGBTQIA+ (che sta per Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans, Queer, Intersessuali, Asessuali, + qualsiasi altro orientamento consapevole) è una delle infinite discriminazioni verso la diversità. Le minoranze etniche e culturali vivono discriminazioni molto simili a quelle della comunità LGBTQIA+. Le persone giovani, anziane, precarie, le condizioni di disabilità e neurodivergenza, i diritti dell’infanzia, i Sud del mondo, e il rapporto con natura e ambiente, sono tutti stati di cose che trovano difficilmente ascolto in un mondo che ci vuole tutti maschi, ricchi, bianchi, abili, etero, per essere vincenti.

Sotto questo metodo, che si chiama “intersezionalità”, trova significato la discriminazione più evidente, che riguarda la metà della popolazione mondiale: quella verso le donne.

Ecco dunque che parlare di orgoglio significa parlare di moltissime cose che riguardano la nostra quotidianità e diversità. Ogni cosa è diversità. Ogni cosa è orgoglio.

Che bisogno c’è di agghindarsi in maniera vistosa?

Una dovuta premessa: chi dice che al Pride gira solo gente nuda e seminuda non ha mai sfilato al Pride. Al Pride ci sono bambine, bambini, famiglie, soprattutto persone vestite di modo da poter camminare a lungo, sotto il caldo di giugno.

Sì, ci sono persone che sentono il bisogno di esprimersi in maniera estrosa, che in inglese si dice Queer. Questo perché il Pride è uno spazio sicuro, di rivendicazione di diritti per sé e per tutta una comunità, e fare rumore, rendersi evidenti come corpi nel mondo, non sentirsi invisibili almeno per mezza giornata, fa parte della protesta.

Percepire un carico straordinario di arcobaleni, glitter, musica allegra, come una minaccia all’ordine pubblico, è un problema solo per chi ritiene mentalmente comodo che le persone invisibili restino invisibili. Spoiler: è segnale di omofobia, neppure tanto latente, ma è curabile.

E le bandiere, cosa significano? Perché si usano?

Per i vari significati delle bandiere c’è Wikipedia. Le bandiere aiutano a riconoscersi, dentro di sé o dentro una comunità, o a riconoscere e essere d’aiuto per una figlia, un figlio, amiche e amici, studentesse e studenti. Trovare un nome e visualizzare un significato è importante, per non sentirsi vittime della solitudine e della discriminazione.

Ma davvero nel 2025 c’è ancora bisogno del Pride?

Trump ha cancellato il linguaggio inclusivo dagli atti pubblici. La Corte Suprema del Regno Unito ha escluso le donne trans dalle tutele antidiscriminatorie previste per le donne. In molti Paesi del mondo l’omosessualità è punita con la pena di morte, con l’ergastolo o con la tortura, anche per colpa di leggi coloniali europee mai abrogate. Per strada, in Italia, le coppie omosessuali rischiano ancora la vita perché si baciano o si tengono la mano in pubblico. Il bullismo verso giovani non etero e non cisessuali porta ancora a molti casi di suicidio, e sono ancora numerosi i transicidi, motivati unicamente dall’odio verso il loro modo di essere. Pertanto, chi manifesta, lo fa anche per chi non può farlo, e per chi non può più farlo.

Quindi sì, evidentemente c’è ancora bisogno del Pride, nel 2025.

Beatrice Zippo

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