Il concerto evento del trentennale di “Bon voyage”, cd d’esordio dell'”European Sound Project” di Nico Marziliano, si trasforma in una festa del jazz

Confesso che, in questa occasione, non è stato semplice esprimere le emozioni vissute durante un  concerto, così come dar voce ad una performance di alto livello, tanto da aver dovuto e voluto soppesare – sino all’inverosimile – ogni aggettivo utilizzato.

La ragione risiede principalmente nel considerare Nico Marziliano, pianista e compositore di spiccata sensibilità musicale e umana, un amico, un Maestro che, tanti anni or sono, ebbi la fortuna di frequentare in veste di discente, sebbene per poco tempo perché le occasioni dei nostri incontri didattici si trasformarono ben presto, per mia induzione, in occasioni per nutrirmi della sua arte e per ascoltare brevi e privilegiati concerti “casalinghi”. 

Come allora, anche all’ultimo evento svoltosi presso il Duke Jazz Club, ero tra le prime fila come una fan nell’attesa del suo mito, assieme ai tanti che hanno riempito il grazioso locale.

La ghiotta opportunità si è palesata per festeggiare il progetto nato da un’idea di Marziliano che, ben 30 anni fa, decideva di fondare l’European Sound Project avvalendosi della preziosa collaborazione di un gruppo granitico di amici, ancor prima che musicisti. 

Oltre all’attuale contrabbassista Roberto Inciardi – che ha raccolto il testimone da Pasquale Gadaleta, la cui valente amicizia e collaborazione professionale è presente nei primi due dischi, “Bon Vojage” e “Snow” – il solido quartetto che anima il progetto è composto altresì da Felice Mezzina al sax soprano e tenore e da Franco Guarnieri alla batteria, entrambi presenti sin dall’origine.

L’idea, come suggerisce il titolo del progetto, nasce dall’esigenza, per Marziliano, di virare musicalmente verso tipologie di repertorio che non fossero più gli standards americani – non perché non ne fossero capaci o non volessero più interpretarla o perché non fosse un repertorio attraente – ma perché più forte era il desiderio di studiare e suonare composizioni jazz europee ma soprattutto presentare brani inediti che fossero una summa delle varie influenze perché , come ci ricorda, “la musica non ha confini”.

L’accoglienza che ci riserva la band, che condivide con noi l’entusiasmo di essere ancora insieme dopo tanti anni e la filosofia che anima e sugella la stessa, è pari a quella del Duke dove si respira da sempre un’atmosfera piacevole tanto da divenire non a caso luogo per festeggiare l’onorato trentennale. I brani che hanno allietato la nostra serata sono stati tratti dai tre compact disk firmati dall’European Sound Project, “Bon Vojage”,  “Snow” e “Sea Winds” (il cui ordine non rispecchia invero l’anno in cui sono stati pubblicati); ma non sono mancate vere chicche musicali che ci hanno resi spettatori ed uditori privilegiati  di nuove composizioni inedite non ancora trasfuse in alcun album come “Voices in the Air” e “The rising Sun” nelle quali abbiamo avuto modo di apprezzare anche il prezioso apporto vocale della jazz singer Paola Arnesano (sulle cui doti in realtà non nutrivamo dubbi).

La bellezza delle composizioni vien fuori non solo per le (note) capacità esecutive di tutti i protagonisti e per l’afflato evidente che contraddistingue la piccola “comitiva” di artisti, cui basta un semplice sorriso o un impercettibile cenno con la testa per intendersi, ma anche dalla varietà delle timbriche scelte che diventano risorse espressive per dar luogo a brani dai mood differenti. E’ il caso di “Morning Thought”, che apre il concerto con un dinamismo incalzante pari a quello che nasce non appena il sorgere del sole ci suggerisce il principio di una nuova e bella giornata, che però lascia di poi il passo a “Sea Winds” – anch’esso tratto come il primo dall’omonimo CD – dalle atmosfere più rilassanti e meditative.

Ma Marziliano, a mio parere, si apprezza anche per un altro aspetto che, lasciatemelo dire,  appartiene a pochi, essendo teneramente modesto, qualità che si percepisce non solo quando sciorina cultura musicale a tutto tondo ma anche quando non nasconde che la vena creativa non è un fiume in piena,  ma è quella luce che arriva improvvisamente accesa dall’impulso di un’emozione, dalla visione di qualcosa di bello, che sia una foto piuttosto che un film e che non è detto che permetta di pubblicare un album ogni anno, anche se, tra le righe di ciò che racconta, leggiamo anche che di inediti ne ha composti tanti ma che ascolteremo solo quando (per il Maestro) saranno vicini alla perfezione. 

Tra una chiacchiera sapiente e l’altra ad opera dei nostri due speaker Marziliano ed il simpatico  Mezzina, che ci consentono di ampliare il nostro bagaglio culturale jazzistico, il concerto scivola, si snoda attraverso altri imperdibili pezzi come “Three Fo(u)r Relax, “Land” , dalla ritmica molto più dura ed audace nella quale si fa spazio la batteria di Guarnieri che si lancia in un assolo di tutto rilievo cui inaspettatamente segue “”From the North”, molto più fluido, elegante grazie alla voce del sax ed al tempo stesso riflessivo grazie all’incedere del contrabbasso.  Il repertorio è’ un susseguirsi di alternanze ritmiche che non smettono di stupirci anche nel secondo set grazie all’ulteriore passaggio da “Opening  two”, dove ritorna un pianismo frizzante e più ricco a “The rising sun” in cui il lirismo della singer Arnesano si fa strada  in un più impetuoso approccio pianistico. 

La chiusura di questa serata, che avremmo voluto non finisse mai, è stata affidata ad una splendida “Winter Song” in cui l’equilibrio perfetto tra tutti gli strumenti ci prepara magicamente al volgere del desio, rendendoci già nostalgicamente orfani di tanta bellezza.

Gemma Viti
Foto di copertina di Gaetano de Gennaro

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