L’infinita magia di Franco Battiato incanta ancora il Teatro Petruzzelli di Bari con “Voglio vederti danzare”, il convincente omaggio all’immensa Arte del Maestro

Avrebbe compiuto ottant’anni, Franco Battiato, nel marzo di quest’anno. Chissà se, ovunque si trovi, ci sono dervisci o zingare nel deserto. Di sicuro, se a quattro anni dalla sua morte, riesce a compiere l’azione di vederci danzare nel Teatro Petruzzelli, avrà interceduto per un miracolo, o qualcosa di molto simile.

Tutto questo accadeva qualche sera fa grazie allo spettacolo “Voglio vederti danzare”, di Menti Associate, con la direzione artistica di Rossana Raguseo e in collaborazione con Good Vibrations Entertainment e Event Group.

Sul palco, assieme all’Orchestra d’archi Roma Sinfonietta, diretta da Giovanni Cernicchiaro, Simone Temporali, arrangiatore assieme a Cernicchiaro, alle tastiere, Antonello Pacioni e Leonardo Guelpa alle chitarre, Glauco Fantini al basso e cori e Mario Luciani alla batteria. Soprattutto, le meravigliose voci di David Cuppari e Giorgia Zaccagni portano con rispetto, e senza troppi rimpianti per i tempi che furono, la voce del Maestro a brillare.

Gli arrangiamenti sono frizzanti, spumeggianti, abbondanti e estremamente divertenti, impossibile restare ferme, specialmente chi come noi era sui palchi, ha potuto alzarsi e ballare con tanta gioia. Una scaletta che ha concesso rari momenti di rallentamento, e tutti verso la poetica viaggiante di Battiato. I successi ci sono tutti: “L’era del Cinghiale bianco”, “Bandiera bianca”, “Prospettiva Nevskij”, ma anche “Shock in my town” (il mio imprinting con Battiato, che tradisce l’esigenza di dover andare a recuperarselo a ritroso, vista l’età relativamente giovane), come anche “Alexanderplatz”, scritta per Milva, un capolavoro di struggente nostalgia, musicato in modo solenne. Con i dovuti riguardi, penso che anche quel gran genio di Giusto Pio, arrangiatore del Battiato più vicino a noi.

I testi vengono interpretati con un’invidiabile intensità, che non fanno rimpiangere i duetti con Alice, neppure su “I treni di Tozeur”, su cui ci sembra di viaggiare assieme, sullo stesso convoglio, nella magia dei ricordi.

La molteplicità dei registri di Battiato è la forza anche del concerto: da “La stagione dell’amore” (“viene e va”, e adesso chi se la leva più dalla testa?), al “Centro di gravità permanente”, da “E ti vengo a cercare” a “Cuccurucucù”, su cui penso che nessuno sia rimasto seduto, al medley concesso come bis.

Certo, finire con “Povera Patria” ci avrebbe fatto bene, e ce la saremmo pure meritata, ma la scelta artistica di propendere per un’altra versione de “La Cura”, da mettere tra le pagine del diario dei ricordi cosicché resti fragrante per sempre, ancora una volta ha compiuto il miracolo: attraversare lo spazio e la luce per non farci invecchiare, almeno per un paio d’ore.

Beatrice Zippo
Foto di Beatrice Zippo

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.