“Jazz for Peace”: la musica del Dipartimento di tecniche e nuovi linguaggi e della Scuola di musica jazz del Conservatorio Nicolò Piccinni di Bari risuona nell’Auditorium Nino Rota per risvegliare le coscienze sopite

Non a caso, il 23 maggio, presso l’Auditorium Nino Rota del Conservatorio Nicolò Piccinni di Bari, è andato in scena un progetto curato dal Dipartimento di Tecniche e Nuovi Linguaggi – Scuola di Musica Jazz coordinato da Roberto Ottaviano, dal titolo “Jazz for Peace”. Dico non a caso il 23 maggio perché in questa data tutta l’Italia ricorda la strage di Capaci del 1992, in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Un vero e proprio atto di guerra nei confronti dello stato italiano.

Nella presentazione del progetto il Maestro Roberto Ottaviano ha sottolineato che la musica non può semplicemente essere introiettata in se stessa, ma deve essere un valore di testimonianza molto forte. Allo stesso modo, ci piace pensare ad un Conservatorio vivo, vivace, in relazione con la città e che si apra ad essa.

Il Presidente del Conservatorio, Fabio Diomede, nel suo intervento di saluto, ha voluto ringraziare il Maestro Ottaviano, tutti i componenti del Dipartimento di Tecniche e Nuovi Linguaggi – Scuola di Musica Jazz, e tutti i Dirigenti del Conservatorio.

Ma non si è trattato esclusivamente di un concerto. L’ascolto della musica è stato intervallato a un “Reading” affidato a Ugo Sbisà, anche lui docente di Storia del Jazz, ma anche di Tecniche della comunicazione. E devo dire che le letture fatte, alcune scelte tra autori quali Quasimodo, Trilussa e del cantastorie Franco Trincale, altre scritte da lui, hanno dato uno spessore particolare a tutto il progetto.

Alla musica, all’arte in generale, non possiamo chiedere di dare risposte, né tantomeno trovare soluzioni ai problemi, però è anche vero che l’arte, a volte, può servire a dare una scossa alle coscienze assopite.

In un mondo in cui il nostro disappunto contro gli orrori della guerra lo affidiamo a qualche immagine condivisa sulle nostre pagine social, restando comodamente seduti sul divano di casa, è stato bello vedere l’Auditorium gremito di gente, non solo vecchi sfaccendati, che con la loro presenza hanno voluto dire “NO, non in mio nome”.

E’ stato significativo vedere (e ascoltare) insieme, i Maestri del Conservatorio (Roberto Ottaviano, Ugo Sbisà Giovanna Montecalvo, Flavio Davanzo,Vito Andrea Morra, Fabrizio Savino, Cettina Donato, Nico Marziliano, Livio Minafra, Vito di Modugno, Maurizio Quintavalle e Giuseppe Berlen) con alcuni dei loro alunni (Christian Ciciriello, Francesco Grandolfo, Francesco Dionisio, Josh Urbani, Giorgio Stellacci, Giorgio De Palma, Marco Mari, Daniele Fato, Dario Laurora e Dario Starace).

Ottima la scelta musicale, mai scontata o banale, che passa attraverso luoghi simbolo come “Tanglewood 63” di Michael Gibbs, a composizioni originali (“Ascending steps”, scritto per questo progetto o “From the north”, di Nico Marziliano) a inni veri e propri del movimento pacifista (“What the world needs now” di Burth Bacharach, o “They dance alone” di Sting, dedicato ai desaparecidos cileni) o al brano “Peace” composto da Horace Silver. I brani in scaletta sono stati nove, con l’aggiunta di un immancabile bis, “Give peace a chance” di John Lennon, con tutto il pubblico in visibilio.

Gli arrangiamenti dei brani non originali sono stati affidati a Roberto Ottaviano, Nico Marziliano, Cettina Donato e Vito Di Modugno. I brani cantati (What the world needs now, What’s goin’ on e They dance alone) sono stati affidati alla voce di Gianna Montecalvo.

Tanti assoli, ma tantissimi momenti corali che hanno messo in risalto l’aspetto che da soli non si va da  nessuna parte. E’ importante unire le nostre voci per ribadire il NO alla guerra, ai genocidi di massa, alle lotte senza senso.

E in questo coro di voci, anche le letture di Salvatore Quasimodo, di Trilussa e di Franco Trincale non hanno fatto altro che ribadire che la guerra è sempre un delitto

In conclusione vorrei tornare a Falcone e Borsellino con le parole di Ugo Sbisà. “Sono stati eroi che hanno continuato a fare il loro dovere fino alle estreme conseguenze, senza trincerarsi dietro il facile alibi “ma chi me lo fa fare”. Sono stati eroi, non Supereroi. Sono stati uomini con le loro paure, le loro debolezze, passioni, sentimenti. Erano uomini come noi. Ma uomini come noi erano i loro carnefici, che avevano gli stessi sentimenti e le stesse passioni, anche se li declinavano in maniera sbagliata. Darci la scossa significa scegliere che tipo di uomini essere, e ricordarcelo ogni mattina. Dobbiamo agire affinché la pace animi ogni nostro gesto. Non conta ciò che stiamo dicendo ora, sarà ciò che ognuno di noi farà una volta lasciato questo luogo a rappresentare la differenza. La musica purtroppo non ha il potere di fermare le armi, ma può e deve risvegliare le nostre coscienze sopite”.

Una serata davvero partecipata e sentita. Ottima musica, ottimi musicisti (non solo i maestri), ma permettetemi un plauso particolare ad Ugo Sbisà per la scelta delle parole, pesanti come macigni. Non abbiamo altro tempo da aspettare.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

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