
Sullo sfondo la Rivoluzione, la Politica, la Cultura.
Tra Murales, quadri surrealisti e avanguardie, si muovono Idee ed Ideali sulle gambe dei fantasmi di Trotskij, Breton, Zapata e Tina Modotti. Questo il clima e l’ambientazione della storia di una vita e di un periodo incandescenti.
Il politico è personale.
In primo piano, un amore.
Un amore travolgente e passionale, tragico e intimo. Un amore fatto di slanci luminosi e di meschine bassezze. Un amore.
Questo però è ciò che ci si aspetta dall’ennesima storia sulla vita di Frida Kahlo, mi direte.
Aspettate e vi svelerò tutto!
Questa è la Storia dell’amore per la vita nonostante tutto e tutti.
Frida, l’opera musical scritta da Andrea Ortis e Gianmario Pagano per la regia di Andrea Ortis ed andata in scena al Teatro Arcimboldi di Milano, è un Kolossal musicale unico, un’esperienza immersiva in un mondo, in uno spirito, in una vita.
Si apre il sipario, si varca lo Specchio di Alice. Un attimo e ci ritroviamo in un mondo “altro”, insieme ai personaggi vivi di un racconto in fondo universale. Un Inno alla Vita, sempre e comunque. Un Inno al Coraggio, che non è assenza di paura, ma consapevolezza e curiosità di vedere “cosa verrà dopo il dolore”. Un Inno alla Libertà: Libertà dello Spirito, Libertà dell’Arte, Libertà del Pensiero. Un Inno alla Scelta e ad un modo differente di guardare la Morte, l’Inevitabile eppure non l’Annichilente morte.

Cominciamo dall’inizio come in un vero “C’era una volta” per dare una giusta collocazione al tornado di emozioni che ci assale a fine spettacolo. Tre ore, per noi un attimo e negli occhi di tutti il desiderio di ricominciare. Sono estasiata dalla perfezione ed inevitabilità di ogni scelta, di ogni particolare, di ogni sfumatura. Erika Carretta, attraverso 260 costumi racconta 50 anni di Storia e Culture differenti. Ogni abito ha un rimando culturale ed emotivo. Una storia nella storia. Luci e proiezioni si spartiscono la scena da solidali sorelle. Amplificano gli stati d’animo, completano i momenti narrativi e suggeriscono interpretazioni quando le parole non sembrano sufficienti. Chapeau a Valerio Tiberi e a Virginio Levrio!
Le maschere azteche in argilla sono un capolavoro e insieme una porta verso un mondo lontano, ancestrale, solo intuito nel nostro sempre troppo tronfio “spirito colonialista”. Un incontro magico con lo Spirito più profondo del Messico e la sensazione di avere ancora un mondo da scoprire.
La colonna sonora avvolge tutta l’opera come un mantello magico. Coinvolgente, incalzante, straziante, cullante, tenera e passionale in un ottovolante di emozioni continuo. Vincenzo Incenzo meriterebbe una standing ovation a parte. Comincio a credere che la vita di Frida avesse veramente questa colonna sonora. Ogni momento musicale è esso stesso un racconto, un abito di sartoria per le emozioni. Nulla è vietato come nelle Rivoluzioni. Si passa dalla musica swing al techno, dai ritmi mariachi al rap. Ogni emozione ha la sua colonna sonora, come la vita. Ogni frase musicale apre una via alle emozioni più intime che risuonano con l’animo come due battiti all’unisono. In un breve attimo d’ illuminazione ho intuito l’universalità della musica. Ero veramente in Messico, in America, a Parigi. Ero Frida, amavo, soffrivo, mi rompevo nel corpo e nell’animo. Sapevo perché sentivo. E anche grazie a quelle musiche che andava reputato un plauso doveroso a tutti i ballerini e ballerine. Gli applausi a scena aperta sono assolutamente meritati.

E Frida?
Federica Butera si è rivelata una deliziosa e prorompente protagonista. Indossa la sua voglia assoluta di vita, il suo amore a tratti distruttivo per Diego, la sua necessità di dipingere per respirare, per dare un senso e un ordine alla vita. L’Arte per lei è e rimane uno specchio. Necessaria come l’aria e profondamente personale, intima. Indossa il dolore come un abito nuziale, porta con sé tutto, dignità e dolore, disperazione e gioia di vivere come in una valigia. Trasforma in Arte ogni scherzo che la Vita le regala. Non perché sia cattiva, ma perché la Vita è vita e questo lei lo sa molto bene. Per questo rilancia sempre, si lecca le ferite e riprende la lotta indossando le sue cicatrici come gioielli. La Vita chiede offerte per ogni attimo di felicità, noi possiamo accettare il gioco o scegliere Catrina, null’altro. Questa è la lezione.
Doveroso omaggio a Andrea Ortis nella doppia veste di regista e attore. Corpo e voce di Diego Rivera, ne incarna l’artista e l’uomo con le sue grandezze ed i suoi limiti. Tratteggia con maestria il carattere di un artista che è stato la voce del suo tempo e del suo popolo, un uomo perfettamente inserito nel clima e nel sentire della sua epoca, anche come uomo. Un essere umano travolto da un uragano.
E poi, Drusilla Foer.
L’incarnazione dello spirito e dell’eleganza di una perfetta Catrina – La Calavera. Icona del Dia de los Muertos. Incarnazione della Memoria dei defunti. Una delle figure più emblematiche della cultura messicana. La Morte come compagna di Vita, l’altra faccia della Luna, indispensabile e insieme inevitabile. Rivera la conosce molto bene avendole dato posto e dignità di Regina nel suo murale “Sueno de una tarde dominical en la Alameda Central” (1946). Drusilla Foer – Catrina è insieme memento mori e critica sociale all’apparenza e alla vanità che offusca il reale. Ironica e profonda, risulta una figura assolutamente positiva, un involontario seppur sentito Inno alla Vita. Con garbo, quasi con amore rappresenta la linea di confine tra la Vita e la Morte. E’ colei che dà senso alla Vita perché ne è priva; E’ colei che dà senso alla Luce perché è Ombra. E’ colei che rende eterno l’ultimo attimo e allo stesso tempo partecipa da spettatrice incantata allo scorrere della clessidra. Un’amica, una madre, una sorella fino alla fine e oltre. Quando Catrina – Foer è in scena, lei stessa è la scena, la Scelta, la sempre possibile Via di fuga. Magistrale.
Frida è molto più di un musical. Si rivela un viaggio nel tempo e nell’anima di una donna che ora è un simbolo, ma che durante la sua esistenza come donna ha lottato, vinto e perso come ognuno di noi. Uno specchio ed un esempio, una risposta alla Vita. Standing Ovation finale.
Manuela Composti
Foto dal sito della Produzione