Il Nobel è servito: Trump pacifica il Medio Oriente come fosse una televendita

Certe scene sembrano uscite da un film comico con la regia di un visionario impazzito.

Alla Casa Bianca è andata in onda la conferenza stampa più surreale degli ultimi anni: Donald Trump, gonfio di sé e circondato da bandiere, ha annunciato al mondo di aver fatto ciò che nessuno era mai riuscito a fare. “Ho risolto tutto”, ha proclamato. Pace eterna in Medio Oriente, archiviata in venti punti e firmata davanti a Netanyahu.

Un Nobel già pronto sul comodino e via.

Peccato che nel copione sia sfuggito un dettaglio: Hamas. Sì, quelli che la guerra la combattono. Ma per Trump, si sa, i dettagli sono fastidi da staff.

E così, con il suo solito tono da televendita, ha promesso ostaggi liberati in 72 ore, corridoi umanitari sotto l’egida dell’Onu, amnistie per i “pentiti” e persino il no alla pulizia etnica. Un menu da sogno. Peccato che dietro la tovaglia immacolata si veda il conto: Gaza come maxi-affare di ricostruzione miliardaria, flussi di denaro del Golfo che rientrano in America e un “Board of Peace” presieduto – udite udite – dallo stesso Trump, con Tony Blair come ciliegina sulla torta: il pacificatore che pacifico non è mai stato.

E intanto Netanyahu applaudiva con malcelata soddisfazione. Perché il piano, alla fine, altro non è che la copia carbone delle priorità di Israele: ostaggi liberati, Hamas disarmata, Gaza demilitarizzata e l’esercito israeliano sempre lì a controllare.
Tradotto: Gaza libera non lo sarà mai. E sull’Autorità palestinese, linea rossa netta: o si trasforma in uno zerbino politico, o resta fuori dal gioco. “Hamas accetti o Israele finirà il lavoro” hanno ripetuto i due leader.

In tutto questo spettacolo, Trump ha speso parole di miele per quasi tutti i leader mondiali. Quasi. Perché all’Italia non ha nemmeno rivolto un buffetto di circostanza. Silenzio assoluto. Non una menzione, non un cenno. E perché avrebbe dovuto? L’Italia non conta, non pesa, non prende mai posizione. Mentre Francia, Spagna e altri paesi europei hanno avuto il coraggio di riconoscere lo Stato di Palestina, Roma rimane fedele alla sua tradizione democristiana: “non si sa mai”, meglio restare a guardare. Altro che destra coraggiosa: il DNA politico resta quello, immobile, attendista. Così naturale che poi Trump o chiunque al suo posto ci ignori come si ignora il vaso di plastica all’angolo del salotto.

Il resto della conferenza è stato un crescendo grottesco: Netanyahu che chiama l’emiro del Qatar per scusarsi dei bombardamenti, gli americani che passano ore a convincerlo a dire sì, Hamas che fa sapere di non aver neppure ricevuto il piano (figuriamoci accettarlo). E sullo sfondo, le famiglie israeliane che implorano accordi e l’ultradestra che invece li sabota.

Ma davanti alle telecamere, Trump e Bibi parlano di “pace perenne” come due illusionisti che cercano di distrarre il pubblico. Solo che qui non c’è nessuna magia, solo una farsa venduta come miracolo diplomatico. E più che far ridere, questa sceneggiata mette i brividi. Perché se questo è il futuro, la paura – quella vera – è più che giustificata.

Cadetto di Guascogna

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