
Nella nuova cornice del Parco Rossani, l’impressione è stata quella di un’installazione performativa a cielo aperto. Wilhem Latchoumia e Nunzia Antonino hanno dato vita a un concerto a due voci, un unico gesto poetico tra musica e parola. L’occasione, il Bari Piano Festival, sotto la raffinata direzione artistica di Emanuele Arciuli, alla sua ottava edizione dal 22 al 29 agosto, nei parchi e nelle piazze di Bari.

Un uomo, un pianoforte, una donna: dal nero al bianco, come i tasti del pianoforte, la narrazione andava letta al contrario, partendo da destra verso sinistra. La voce di Nunzia Antonino, la dama bianca prestata alla parola, ha rotto per prima il silenzio dopo gli applausi “ E poi un giorno…”, iniziando il racconto di quella serata.

Wilhem Latchoumia è pianista francese solido nella tecnica e visionario, di formazione classica, ma assolutamente e pienamente incarnato nel contemporaneo senza cedere ad avanguardismi di maniera. Sensibilità impressionista, il suo stile pianistico consente al pubblico non solo di ascoltarla, ma anche di vederla la musica.

Il palcoscenico ricavato nel giardino del parco con sullo sfondo i palazzi era un immenso schermo cinematografico. Latchoumia ha scelto un programma con musiche di compositori che hanno fortemente vissuto il contemporaneo cercando di dargli voce, di rappresentarlo in musica, così Charles Ives, compositore e imprenditore dell’America del primo novecento e il suo Set of Five Take-Offs ; Martino Traversa, il compositore italiano contemporaneo che concilia repertorio classico ed elettronica, con la sua rivisitazione dell’ Oiseaux tristes di Ravel; Pierre Jodlowski, compositore contemporaneo che vive tra Francia e Polonia, dallo stile cinematografico, performativo, tanto da nominare spesso le sue composizioni con riferimenti visivi, come nel caso dei pezzi presentati da Latchoumia, Série Blanche for piano and tape e Série Noire “Thriller” for piano and Tape. E infine Heitor Villa-Lobos, l’innovatore del suono della chitarra che dedicò ben dodici studi a Segovia e che per il Bari Piano Festival è stato portato con le voci, i rumori, gli umori, delle strade brasiliane con Rudepoêma.

Programma avveniristico, ardito, tenendo conto che il “concerto in piazza” contempla un pubblico variegato. La cifra è stata proprio la piazza. Ovvero l’aver usato la musica per rappresentare la vita.

A Nunzia Antonino, attrice raffinata, cresciuta a danza e teatro in Italia e nelle scuole d’arte di Varsavia e Parigi, che ha lavorato tra gli altri con Pagliai, Gasmann, Sepe, Teresa Ludovico, era affidata la parola poetica di Zerbini, Cavalli, Gualtieri. Poesia come scelta di parola universale: quella del ricordo, della vita tra le strade, della perdita, del ringraziamento, della rabbia, dell’indignazione, l’urlo rauco che chiede pace in mezzo al fragore dei ciarlieri incravattati e delle bombe.

Quando la voce umana di Nunzia Antonino taceva, nel vuoto del silenzio l’energia fluiva nella teoria di note toccate dalle dita di Latchoumia: un tutt’uno tra voce e musica, un’unica poiesis. A questa vocazione generatrice la musica concedeva al pubblico l’esperienza mistica del trovare l’immagine. Latchoumia piegato sul pianoforte sussurrava a bassa voce ai tasti ogni singola nota e, grazie ad un magistrale innesto di voci campionate, apparivano le strade, i cortili con i racconti o le eco delle televisioni accese. Un artefatto alla Kandisnkji, una realtà così rappresentata con l’essenziale in linee, colori, suoni, silenzi, che paradossalmente, proprio per questa essenzializzazione, esplodeva nelle sue possibilità evocative. Concedeva di vedere di più, di vedere oltre.

Così è successo. Al pubblico in programma veniva consegnato un biglietto per un viaggio fuori dal tempo e dallo spazio del tramonto di un mercoledì pomeriggio al parco Rossani, e lo sportava in una planata sul mondo da un capo all’altro, tra miracolo della vita e orrore della guerra.

Musica e poesia come unico respiro, grazie al talento di un pianista e di un attrice, anime nobili incaricate di scuotere i nostri pensieri arresi, ormai storditi dall’incessante martellare mediatico della morte e della guerra, ormai indifferenti come chi accetta di aspettare solo che il peggio passi. Latchoumia e Antonino con la loro arte sublime hanno concesso al pubblico di indignarsi di nuovo e, così, di indiarsi.
Alma Tigre
Foto dalla pagina Facebook del Bari Piano Festival