E’ il cuore cha fa la differenza: Alexander Lonquich poeta ad 88 tasti sul Sagrato della Basilica di San Nicola per il Bari Piano Festival 2025

E’ stata la Basilica di San Nicola col suo sagrato lo scenario della ripresa agostana dell’VIII edizione del Bari Piano Festival. Alexander Lonquich, il grande pianista tedesco che incanta le platee in tutto il mondo, ha regalato a Bari una serata sognante.

Sotto la direzione artistica del maestro Emanuele Arciuli, il festival ha portato la grande musica pianistica fuori dai luoghi sacri dei conservatori e delle sale da concerto, e ha scelto piazze, sagrati, parchi, gli spazi della vita in mezzo alla gente.

Così la prima data del festival del 23 luglio al Fortino di Sant’Antonio, ha fatto da preludio alle serate di questo agosto barese dal 22 al 30 agosto.

Sagrato gremito non solo nei posti a sedere previsti, ma anche con gente assiepata dietro le grate affacciate  sulla piazza o sulle scalinate a bordo delle sedute e del palco. E’ forse la cartolina più suggestiva di questo appuntamento, che dimostra l’aver fatto centro tra gli obiettivi del festival.

Alexander Lonquich ha riempito il sagrato con la sua musicalità fluida e la fermezza del suo gesto pianistico. Ha tenuto il pubblico assorto portandolo in un viaggio musicale fatto dei fraseggi dalle note precise e dall’espressività resa con i forte, i piano, l’incedere ritardato e volutamente sospeso, perché il pensiero potesse innestarsi nell’animo e nei moti che hanno spinto l’autore a comporre.

E’ il talento di Lonquich, che, come i grandi interpreti, rilegge le partiture dei grandi compositori per conoscerne i sentimenti, i pensieri, le intenzioni sottese a ciascuna nota, a ciascuna agonica specifica, cercando di rappresentare con i tasti bianchi e neri al pubblico l’immagine del mondo contenuta in quella composizione.

La carriera di Lonquich prese il volo nel 1977, quando vinse il Primo premio al concorso Casagrande. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti dalla critica internazionale tra cui il Diapason d’Or, il Premio Abbiati (miglior solista del 2016) e il Premio Edison. Come direttore-solista collabora stabilmente con l’Orchestra da camera di Mantova, e ha lavorato con numerose altre orchestre come l’Orchestra della radio di Francoforte, la Royal philharmonic Orchestra, la Deutsche Kammerphilarmonie, la Camerata Salzburg, la Mahler Chamber Orchestra, l’Orchestre des Champs Elysées e la Filarmonica della Scala di Milano.
Svolge attività concertistica all’estero, ma è residente in Italia: dal 2014 è Direttore principale dell’Oto Orchestra del teatro olimpico di Vicenza e dal 2020 è Direttore artistico della Fondazione scuola di musica di Fiesole.

Nel programma la sonata op. 109 di Ludwig Van Beethoven e di Robert Schumann, Novelletten, op. 21.

Prima tra le ultime tre sonate composte da Beethoven tra il 1819 e il 1822  l’op. 109 in mi maggiore fu pubblicata nel novembre del 1821 e dedicata a Fraulein Maximiliana, la figlia diciannovenne di Franz Brentano, il benefattore che l’aveva aiutato a superare le difficoltà economiche di quel periodo. In questa sonata il compositore di Bonn cerca di architettare un nuovo ordine nella successione dei brani improntato a una razionalità strutturale e dialettica. E innova l’impostazione in uso articolando l’agogica con Vivace e Prestissimo nei primi due movimenti e l’Andante molto cantabile ed espressivo del Tema con variazioni.

Il pianista tedesco ha toccato il pianoforte con leggerezza nell’incipit del primo movimento dando il senso di un suono fluttuante e disvelante di una trama narrativa che si sarebbe sviluppata di lì a poco. Un’incalzare di grande intensità, alternato a una calma leggiadra giocati fra suoni decisi e dolci arpeggi.

Nel Prestissimo Lonquich ha condensato nella stringatezza del movimento una verve interpretativa appassionata, esattamente quella voluta da Beethoven, concitata, netta.

L’ultimo movimento ha fatto sognare il pubblico con quella dolcezza del tocco di Lonquich, in cui non sono più le falangi delle sue dita a suonare, ma direttamente il suo cuore. La delicatezza delle prime battute si è docilmente prestata al fraseggio quasi robotico che ad un certo punto sembra occhieggiare nella partitura, un dialogo tra toni larghi e sognanti e un improvviso frenetico vorticare. Era come se una ballerina ci volteggiasse sulle testa nello scenario lunare del sagrato. Lonquich poeta.

Di ben altro tenore le Novelletten, op. 21 di Robert Schumann, sette racconti di vita quotidiana in musica, tutti in tonalità maggiore, che il compositore scrisse di getto in sole tre settimane rapito dalla gioia e dalla forza del suo amore per Clara Wieck.

La maestria di Lonquich ha disegnato delle scene di vita vergando sui tasti i racconti e restituendo la freschezza delle frasi in partitura con agilità e fermezza, ma anche con dolcezza amena. Ogni “Novella” Lonquich l’ha cesellata come una di quelle illustrazioni inglesi a china in cui le linee sono bene definite, ma così fitte e ben articolate da rendere in maniera nitida vedute e particolari di paesaggi e personaggi. In Lonquich la cifra non è solo l’abilità tecnica, ma soprattutto la sensibilità interpretativa. E in un pianista è il cuore cha fa la differenza.

Alma Tigre
Foto dalla pagina Facebook del Bari Piano Festival

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.