
San Siro di notte sembra sempre sospeso tra mito e realtà. C’era ancora l’eco del concerto di Springsteen e già toccava al Bari salire sul palco più grande, quello che normalmente appartiene a campioni e stelle di un’altra dimensione. Non poteva esserci pronostico diverso: Milan favorito, Bari chiamato solo a non farsi travolgere e a limitare i danni. Ma il calcio, lo sappiamo, ha quella fessura in cui anche i sogni più fragili riescono a infilarsi. Ma non era il caso del Bari, domenica sera.
Il colpo d’occhio era straordinario: più di settantamila spettatori, e in mezzo a loro i cinquemila biancorossi arrivati da ogni strada possibile. Più che una partita, era un rito collettivo: il piccolo che sfida il gigante, ben sapendo come finirà ma senza rinunciare all’emozione di esserci. Prima del calcio d’inizio, il minuto di silenzio per Elias Verreth ha reso l’atmosfera ancora più intensa, quasi sacra.
Il Bari ci ha provato subito, un lampo di Sibilli, un guizzo di Moncini, ma poi la realtà ha imposto il suo copione. Bastava un’accelerazione di Leao, un tocco di Pulisic, un anticipo di Tomori per capire che non era la stessa categoria. E il gol del portoghese lo racconta meglio di qualsiasi analisi: un colpo di testa senza opposizione, Nikolaou assente, Leao a segno come se fosse la cosa più naturale del mondo. Eppure lui, che con i piedi incanta, difficilmente segnerà mai più un gol così banale di testa. Ma il Bari ha questa caratteristica: regalare agli altri momenti irripetibili, trasformare l’impossibile in routine.
Il raddoppio è arrivato presto, complice l’errore di Dorval in uscita a centrocampo: palla regalata, Pulisic ringrazia e chiude la storia. Da lì in avanti il Milan ha solo gestito, con la serenità di chi sa di avere in tasca il biglietto per il turno successivo. L’ingresso di Modric, accolto da un boato, ha reso la serata quasi teatrale: sembrava scritto che dovesse incidere, magari bagnando l’esordio con un gol. E invece no. Persino lui, che ha abituato il mondo a tocchi che cambiano le partite, non ha trovato spazio. Magra consolazione, certo, ma non secondaria per una squadra come il Bari che di solito ha la fama di “sbloccare” gli avversari o di diventare la comparsa perfetta nei momenti storici degli altri. Stavolta no.
Il Bari ha fatto quel che poteva: ha sofferto, ha retto finché ha retto, ha provato qualche giocata qua e là, come il lancio chirurgico di Verreth per Dickmann o la conclusione di Sibilli che ha costretto Maignan a sporcarsi i guanti. Ma erano lampi isolati, fiamme che si spegnevano subito. La differenza tecnica era evidente, incolmabile.
Eppure non è stata goleada. E in questo c’è un merito, perché alla vigilia il timore era quello di una disfatta. E’ presto per trarr egiudizi ma, insomma, un’idea di gioco si vede: ritmo alto, scambi veloci e cambi di fronte immediati. In un contesto del genere, profili come Maita e Benali – più portati a rallentare l’azione portando palla – probabilmente avrebbero fatto fatica. Dunque, è bene non far drammi per la loro partenza, questo tipo di gioco basato sulla velocità, non avrebbe previsto le loro giocate.
Ne esce un Bari incompleto, con esperimenti fuori ruolo che non convincono (Dorval su tutti: ma perché insistere con lui che il terzino difensivo non potrà mai farlo avendo, come è noto, gravi lacune nella fase difensiva, e se Caserta opta sempre per il 4-3-3? Certo, è strano che non abbia mercato in Italia, solo nella sperduta tundra russa. Qualche motivo ci sarà), con giocatori ancora lontani dalla condizione, con assenze che pesano. Ma ne esce anche un embrione di squadra, un gruppo che accetta i propri limiti e non si sfalda.
Alla fine resta l’immagine di una sconfitta onorevole, l’unica possibile in una notte così. Non il risultato, ma la sensazione di aver attraversato un luogo simbolico. San Siro è più di uno stadio, è un pezzo di cultura popolare, un monumento come la Scala o il Duomo. E per il Bari, calpestare quel prato davanti a Leao, Pulisic, Modric, vale comunque come un segno nella memoria collettiva.
“Milano è la città d’Europa con le strade più comode e i cortili più belli all’interno delle case.” – Viaggio in Italia – Stendhal.
Massimo Longo
Foto di SSC Bari