La settimana sportiva: l’analisi di Juve Stabia – Bari

Una sconfitta senza alibi. Crisi di identità e confusione tattica.

Non si può girare intorno alla realtà: il Bari continua a deludere, confermandosi una squadra senza identità e priva di incisività. L’unica vera prestazione convincente resta la vittoria contro lo Spezia, in cui i biancorossi hanno mostrato grinta e intensità per tutti i 90 minuti. Per il resto, le vittorie sono arrivate senza mai convincere del tutto, mentre pareggi e sconfitte hanno spesso seguito lo stesso copione: possesso palla sterile, inerzia tattica e il colpo del ko inflitto dagli avversari, sia nei pareggi che nelle sconfitte.

La sconfitta contro la Juve Stabia è l’ennesima prova di un Bari molle e privo di carattere. Al netto dei meriti degli avversari, resta il fatto che si tratta di una neopromossa, assolutamente alla portata di una squadra con ambizioni di vertice. Eppure, la Reggiana o il Cittadella, con ogni probabilità, avrebbero sbancato il “Menti”, mentre il Bari ha offerto un’altra prestazione opaca, senza mai realmente impensierire gli stabiesi.

Il problema è evidente: mancano qualità, idee e capacità di reazione. Longo, già in difficoltà nelle scelte tattiche, ha schierato una squadra priva di fantasia e creatività, con la coppia d’attacco che domenica scorsa aveva segnato, ma che questa volta è risultata inoffensiva. Maiello avrebbe dovuto prendere in mano il centrocampo, ma ha steccato ancora, confermando perché sia stato relegato ai margini. Maggiore, alla prima da titolare, non ha inciso, e il Bari ha confermato il solito trend: se subisce il colpo, difficilmente reagisce.

Per la quarta volta in campionato, i biancorossi non hanno prodotto un solo tiro in porta, eccezion fatta per il gol di Pereiro, arrivato su calcio piazzato. Troppo poco. Il Bari non costruisce gioco, non trova soluzioni offensive, non mostra personalità. Senza drammi, ma con realismo: questa squadra è mediocre, senza mordente e incapace di esprimere una chiara identità. Le assenze di Maita e Benali si sono fatte sentire, ma non possono giustificare una prestazione così scialba.

Nel calcio, come nella vita, “la fortuna aiuta gli audaci” (Virgilio), ma il Bari non è audace, né coraggioso. La squadra di Longo sembra perdersi in una spirale di confusione e insicurezza, con un mercato di gennaio che finora non ha dato i risultati sperati. Maggiore, Pereiro e Bonfanti sono giocatori fuori dal progetto tecnico nelle loro precedenti squadre, e il loro contributo appare ancora marginale. Le cosiddette certezze del gruppo, da Vicari a Maiello, sembrano smarrite, con Radunovic protagonista di interventi incerti e Favilli isolato, senza palloni giocabili.

Si può perdere, ma si deve farlo con dignità. “L’uomo è misura di tutte le cose” (Protagora), e il Bari, al momento, sembra una squadra priva di misura, incapace di imporsi anche contro avversari alla portata. A peggiorare il quadro, il comportamento antisportivo visto in campo, con palloni spariti e lanciati per perdere tempo: episodi che riportano il calcio indietro di decenni e che dovrebbero essere sanzionati con decisione.

Longo, proprio come Plinio il Vecchio sulla spiaggia di Stabia nel 79 d.C., sembra essersi avventurato in un territorio pericoloso senza avere gli strumenti per comprendere e reagire al disastro imminente. Se il grande scienziato romano si spinse sulla riva per studiare il Vesuvio, rimanendo travolto dalla sua furia, l’allenatore del Bari si è trovato sul campo del “Menti” senza idee né soluzioni, vittima di una squadra che si è sgretolata sotto la pressione avversaria, incapace di resistere all’eruzione stabiese.

Infine, un episodio extra campo che non può passare inosservato: l’aggressione verbale denunciata da un collega barese (Luca Guerra) presente al “Menti” subita dai giornalisti baresi da parte di alcuni tifosi stabiesi, che hanno inveito contro di loro sbattendo i pugni sui vetri della tribuna stampa minacciandoli. Un atteggiamento inaccettabile, che danneggia l’immagine di un calcio che dovrebbe crescere, non regredire. Gesti davvero da gente molto provinciale che danneggiano il calcio che si vedono nei campi polverosi delle categorie dilettantistiche del Salento, della Calabria o della Sicilia. E queste società che li rappresentano, sia pur nel rispetto di chi va in campo e che merita di essere in quelle posizioni in classifica, non meritano assolutamente di sbarcare nelle categorie superiori perché in serie A, o nelle categorie superiori, ci si va per meriti di tutti. Tifosi compresi. Come sosteneva Socrate, “l’ignoranza è l’unico vero male”: certe realtà non potranno mai aspirare a categorie superiori se non maturano, dentro e fuori dal campo.

Massimo Longo

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