La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Brescia

Il pareggio tra Bari e Brescia, terminato con un 2-2, ha sorpreso molti, soprattutto considerando l’assenza di attaccanti veri e propri da entrambe le parti. Secondo le non scritte, ma universalmente riconosciute, leggi del calcio, ci si sarebbe potuti attendere uno 0-0 soporifero. E invece, come spesso accade, la realtà ha smentito la teoria: quattro gol, tutti firmati da centrocampisti (o quasi, considerando Bianchi, formalmente attaccante ma spesso più simile a un incursore). Un risultato che, sebbene inusuale, è apparso sostanzialmente giusto, per quanto visto e, soprattutto, per quanto non visto. “Così è, se vi pare”, avrebbe chiosato Pirandello. Diciamo che son venute a mancare le difese che invece avrebbero dovuto imperare senza grossi affanni. Il paradosso del calcio.

Ma ci sono altre regole non scritte che, per il Bari, sembrano invece scolpite nel marmo della sua storia calcistica. Una, in particolare, è quella che lo vede spesso rivestire i panni della crocerossina per avversari in crisi o per attaccanti a secco da tempo immemore. L’altra, almeno in questa stagione, è la tendenza quasi cronica a farsi rimontare. Vecchi vizi che riemergono come le onde del mare dopo la tempesta. Sono già cinque le rimonte subite (sei se il Cittadella non avesse sbagliato quel gol clamoroso al 95′), 11 i pareggi con tanti punti persi per strada, numeri troppo alti per poter sperare con serenità nei playoff, anche se la classifica, per ora, resta dignitosa. “Per aspera ad astra”, si dice, ma perseverare in questo atteggiamento potrebbe rendere la strada verso le stelle particolarmente impervia.

La partita ha ricordato diverse altre del girone di andata: un Bari propositivo, capace di costruire occasioni, ma anche incline a concedere troppo agli avversari, che spesso si sono dimostrati più cinici. Longo, privo di veri terminali offensivi, ha dovuto fare di necessità virtù, e il risultato è stato comunque un match godibile, nonostante la carenza di attaccanti di ruolo.

Il pareggio di sabato è uno di quelli che lasciano l’amaro in bocca, come quello di Reggio Emilia, dove il Bari sciupò un’occasione d’oro nonostante la superiorità numerica. Eppure, questa volta, la squadra ha mostrato maggiore solidità, anche su un campo reso pesante dalla pioggia incessante. Il gioco ha avuto intensità e trame interessanti, simili a quelle già viste contro lo Spezia, e sembrava che potesse maturare la seconda vittoria consecutiva in casa. Oliveri e Dorval hanno spinto forte sulle fasce, sebbene con alterne fortune: Dorval ha carburato nel secondo tempo, mentre Oliveri è calato fino all’infortunio che lo ha costretto a uscire.

La mancanza di cinismo sotto porta resta un problema. Lella, Falletti e Maita hanno fallito occasioni importanti nel primo tempo. Maita e Benali, in particolare, difficilmente incidono in zona gol, ma fortunatamente ci hanno pensato Lella e un redivivo Bellomo, schierato con coraggio in attacco e decisivo come non accadeva da tempo. Curioso il suo conto aperto con il Brescia: l’ultimo suo gol in biancorosso risale al celebre 6-2 di tre anni fa, segnato nella stessa porta e in una dinamica simile a quella di sabato. Coincidenze? Forse. O forse, come direbbe Borges, “il tempo è un eterno ritorno”.

Il Bari ha iniziato bene con il gol lampo di Lella, su assist perfetto di Oliveri. Poi ancora un’occasione nitida per lo stesso Lella e una ispirata giocata di Falletti. Ma il Brescia, squadra solida e mai arrendevole, ha saputo reagire sfruttando un’incertezza di Radunovic, ormai croce e delizia della squadra. Il portiere serbo alterna parate decisive a errori clamorosi, un’altalena di rendimento che tiene sempre i tifosi col fiato sospeso. Il gol subito ha ridato fiducia ai bresciani, che hanno sfiorato il vantaggio in più occasioni, prima che il Bari tornasse a prendere il controllo della partita con il colpo di testa vincente di Bellomo, su cross perfetto di Pucino.

Da quel momento, la sensazione era che il Bari potesse amministrare il vantaggio. La squadra ha avuto occasioni per chiudere il match, soprattutto con Dorval, ma come spesso accade nel calcio, chi spreca troppo viene punito. E così è stato: Bisoli, figlio di quel discolo e fumantino padre che non perde l’occasione per tacere o comportarsi da allenatore preferendo fare l’ultras in campo, anzi in panchina, ha trovato il varco giusto, senza che la difesa barese riuscisse a contrastarlo adeguatamente. E poi c’è stato il tentativo di Favilli, un giocatore di talento ma dal fisico fragile, la cui mira difettosa ha lasciato in sospeso il finale di partita.

Ora, con il mercato aperto, le incognite sono molte. La domanda principale è: la società ha intenzione di migliorare la rosa o semplicemente di tappare i buchi? L’assenza di attaccanti è un problema urgente, e quelli attualmente in rosa non offrono garanzie. Oliveri è fuori causa e non sappiamo se per qualche settimana o se si tratta di un semplice affaticamento o crampi, Falletti e Bellomo non possono sostenere da soli il peso offensivo della squadra. Non si può sperare che ripetano ogni settimana la prova di sabato. Il rischio di infortuni, squalifiche o semplicemente giornate storte è dietro l’angolo. “Mala tempora currunt”, e senza rinforzi adeguati la corsa ai playoff potrebbe complicarsi terribilmente.

Il mercato di gennaio, si sa, è terra di scarti, di incertezze, di giocatori fuori progetto. È difficile trovare rinforzi veri, ma servono comunque alternative affidabili. Non si possono prendere giocatori da rimettere in sesto o ex lungodegenti, servono elementi pronti all’uso. Che costano e che questa proprietà non garantisce. Dalla panchina, solo Favilli ha dato un minimo segnale, troppo poco per sperare in un cambio di rotta. Sibilli e Manzari sono apparsi avulsi dal gioco (come sempre, del resto), Favasuli continua a deludere e sembra l’ombra di quel giocatore che fece la partita della vita contro il Bari con la Ternana. Come ebbi modo di scrivere qualche tempo fa, il sospetto è che si sia trattato del classico abbaglio.

Perdere i playoff, ancora ampiamente alla portata, sarebbe un peccato imperdonabile, perché Longo ha dimostrato di saper dare alla squadra un’identità di gioco. Ma il girone di ritorno è un’altra storia rispetto all’andata: servono risorse, energie e soprattutto uomini. Ma se il Bari non si muoverà con tempismo sul mercato, il rischio è di trovarsi con un pugno di mosche in mano. E a quel punto, il finale di stagione potrebbe trasformarsi in un’agonia, più che in un sogno da rincorrere. “Non tutte le ciambelle riescono col buco”, recita un proverbio. A buon intenditor poche parole. Ne abbiamo abbastanza di gare contro la Ternana di turno.

Massimo Longo

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