Riflettere è un duro lavoro: “Lo specchio della Regina” di Teatro della Ribalta / Kunst der Viefalt dal Festival Internazionale del Teatro e della Scena Contemporanea di Lugano ci racconta una favola nuova

Prosegue il breve ma intenso viaggio della nostra redattrice Beatrice Zippo in quel di Lugano ove è stata ufficialmente invitata per recensire le performance della XXXIII edizione del ‘Festival Internazionale del Teatro e della Scena Contemporanea’. (N.d.D.)

Essere Regine può essere un lavoro micidiale. Essere gentile, magnanima, regale, bellissima, è uno stress, e chi lavora con persone condannate al successo lo sa. Il successo, almeno quello di superficie, ama circondarsi di “Yes man”, che replicano a specchio tutto ciò che si dice. Quando, poi, la concorrenza si fa spietata, e il successo sembra arridere a un’altra persona, si potrà pure essere bellissime e sfoderare tutto il repertorio della regalità, ma non si potrà essere ciò che alcuna corona può garantire: felici.

È una lezione tanto più preziosa in questi tempi in cui i mental breakdown dovuti all’ansia della competizione colpiscono anche le più piccole e i più piccoli, ed è bello che fioriscano degli spettacoli che esorcizzano e aiutano a combattere tali stati d’animo, lavorando sull’eziologia e non sui sintomi. Così dunque “Lo Specchio della Regina” di Teatro della Ribalta / Kunst der Viefalt anima il palcoscenico del Teatro Foce, un luogo con una collezione impressionante di DVD e dove vi sono ampi spazi in cui l’attenzione alle bambine e ai bambini è un imperativo. Lo spettacolo, di Antonio Viganò e Eleonora Chiocchini, vede in scena Jason Mattia De Majo, Maria Magdolna Johannes e Rocco Ventura, è una coproduzione Tanz Bozen Bolzano Danza Festival col sostegno de L’arboreto – Teatro Dimora, Centro di Residenza Emilia-Romagna e degli Istituti Culturali della Repubblica di San Marino, e anima la parte Kids della XXXIII edizione del Festival Internazionale del Teatro e della Scena Contemporanea di Lugano. La compagnia, altoatesina, è composta da undici attori, perlopiù con disabilità, che per volontà di chi li segue da undici anni, a suon di premi Ubu e Hystrio hanno sconfitto quella che loro stessi definiscono la “Sindrome del Poverino”, una compassione che, a differenza della consapevolezza della disabilità, può uccidere.

Lo spettacolo è una rilettura di Biancaneve, la celeberrima favola di Grimm, ma in cui la serafica principessa perfettina che cucina in sette piattini per sette nanetti è una pacchiana Madonna elettrica, un mezzobusto di gesso da contemplare, protetta da un candido abito da sposa, senza nani da accudire, senza Principe, le mele sono succose e innocue, lo specchio fa e dice esattamente quello che la Regina vuole. Però, non è detto che lo Specchio faccia e dica ciò che egli stesso vuole, soprattutto se deve dire le bugie, a chi è consapevole che di bugie sta nutrendo la propria esistenza.

La scoperta innesca tutte le fasi del dolore: dalla negazione, alla rabbia, all’accettazione. Riusciranno la Regina e il suo specchio a ritrovarsi? Su che basi costruiranno il loro rapporto? È proprio necessario avere le fattezze di Biancaneve per essere la più bella del Reame? Importa qualcosa a qualcuno se la Regina non acchiappa mille cuori sul TikTok iperfiltrato?

L’atmosfera sognante è quella di un circo in disarmo, le lucine, il fumo e le carrucole incantate, ottima allegoria del circo mediatico in cui si è trasformata la nostra vita, esposta al pubblico ludibrio, soggetta alle più ardite acrobazie per l’applauso del pubblico, rigorosamente senza ali e senza rete.

Sarà proprio l’emancipazione dall’applauso, l’ascolto sincero dello Specchio, a fare vivere la Regina, per sempre, felice e contenta. E anche noi, che Regine non siamo, ma bambine per un istante possiamo tornarlo, troviamo qualcosa da imparare.

Beatrice Zippo
Foto dal sito del FIT Lugano

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