“Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono ottantotto, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi suonare. Loro sono ottantotto, tu sei infinito.” (Alessandro Baricco)
“Bisogna suonare il nostro splendido repertorio pianistico in modo tale che esso piaccia all’ascoltatore, che gli imponga di amare la vita con più forza, di sentire più fortemente, di desiderare più fortemente, di capire più a fondo.” (Heinrich Neuhaus)
C’è. Ma si che c’è. Ci deve essere per forza un posto, immaginario o reale, dove tornano gli artisti ogniqualvolta chiudono gli occhi e si donano alla platea in modo sì totale da riuscire a trasportare anch’essa in quel non-luogo dello spirito che ognuno ha riempito dei propri sentimenti più reconditi e segreti. Il Maestro Danilo Rea riesce sempre a creare questa magia dal nulla, così come è accaduto nella più che suggestiva cornice della Masseria Pantano di Gravina in Puglia per il suo recital pianistico inserito nel cartellone della terza edizione del Festival Giovanile della Lirica RE.M.M. (Residenze Musicali Murgiane), progetto che gode della direzione artistica di Katia Ricciarelli e della presidenza di Francesco Zingariello.
Strutturato sull’idea che nel 2003 aveva dato alla luce lo splendido album “Lirico”, primo riuscitissimo esperimento di rilettura delle celeberrime arie d’opera di Puccini, Saint-Saens, Mascagni, Bizet, Verdi, Bernstein e altri attraverso la lente della più raffinata improvvisazione jazz, il concerto pugliese è stato perfetto sotto ogni punto di vista, senza che vi sia stato un solo momento del lungo set, senza sosta e senza soluzione di continuità, in cui non si sia percepita l’onda di vibrazioni positive che dal palco arrivava sino in platea, con Rea ancora una volta apparso assolutamente a suo agio nella ormai consueta passeggiata tra le più belle pagine dei grandi autori di tutti i tempi, in cui trovavano posto non solo i capolavori ‘classici’, ma anche le perle dei Beatles, di Domenico Modugno, De Andrè, Paoli e tanti altri ancora, tra cui è apparsa addirittura la meravigliosa “Little piece in C for You” del mai abbastanza compianto Michel Petrucciani.
Quando il Maestro si lanciava nelle discese ardite e susseguenti risalite sulla tastiera del suo pianoforte, non poteva non tornarci alla mente quello che fu detto anni addietro del divino Glenn Gould dalla splendida penna di Alessandro Baricco: “quando suona lui, il pianoforte cessa di esistere in quanto tale, ma diventa una protesi in legno della sua mente”; ecco, quello che Rea ha fatto durante tutta la sua performance non è stato esclusivamente suonare un pianoforte, bensì usare il pianoforte, come mezzo e non come fine, vale a dire come strumento – letteralmente – per arrivare al cuore degli ascoltatori, per rendere udibile ciò che udibile non è, per fare sentire la musica non solo nei padiglioni auricolari ma molto, molto più nel profondo.
Quando suona Rea, la musica scritta da altri diventa solo un “pre-testo”, un prologo, un’introduzione, una sollecitazione, un segnale che riceve dall’esterno, decodifica e amplifica, con un gusto ed una sensibilità che davvero pochi altri sanno avere, trasmettendo al pubblico emozioni difficilmente descrivibili sulla fredda carta telematica nella visibilmente erculea fatica di tentare di far sentire e comprendere tutte le note, aprendole, dilatandole sino al limite, spalancandone ogni singola fessura per lasciar entrare ogni piccolo devastante raggio di sole, sottolineando anche i silenzi pur di far sentire tutta la musica nascosta nel pentagramma e, ancor più, nell’animo del compositore e – perchè no? – dell’esecutore.
Se, parafrasando il grande Wassily Kandinsky, possiamo affermare che “l’anima è un pianoforte con molte corde”, allora non vi è dubbio che Danilo Rea sia l’Artista che riesce a suonare quella ideale tastiera e la cui mano, “con questo o quel tasto, porta l’anima a vibrare”, come ha potuto appurare, prima di tributargli una meritatissima standing ovation, il pubblico del Festival Giovanile della Lirica di Gravina quando, in chiusura di concerto, Rea ha proposto una piccola anticipazione del suo nuovo progetto, allestito sulle tracce della memoria del divino Ryūichi Sakamoto, eseguendo una indimenticabile, tanto per bellezza quanto per intensità, versione della splendida “Forbidden colours (Merry Christmas, Mr. Lawrence)”, idealmente dedicandola ad un suo vecchio fraterno amico.
Grazie Maestro.
Pasquale Attolico
Foto di Carlo Centonze
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