L’adattamento di Paolo Morga de “Le allegre comari di Windsor“, andato in scena al Teatro Sociale di Fasano, è un’opera che certamente piacerebbe a Shakespeare stesso. La rappresentazione dell’opera del drammaturgo inglese si pone come una risposta teatrale all’attuale eccesso di beffe e derisioni, perché tutti ci sentiamo presi in giro da qualcuno. Falstaff e la sua brigata rappresentano ognuno di noi, con i sentimenti e le reazioni che viviamo, sentendoci continuamente ingannati.
Il lavoro di Morga porta Shakespeare ai nostri giorni, nell’era delle fake news, dei complotti e delle verità distorte, esplorando le complessità dei generi e delle relazioni umane con grande intuizione. Il regista propone di superare il concetto tradizionale di tempo e rigore della drammaturgia classica, portando la lezione del Bardo nella nostra quotidianità. Questo approccio moderno evidenzia la straordinaria capacità di Shakespeare di affascinare il pubblico mescolando poesia e drammaturgia, diventando il cantore supremo dell’animo umano.
La modernità di Shakespeare non risiede solo nella sua capacità di rivelarci le diverse psicologie umane, ma anche nel mostrarci il confine spesso labile tra vita e sogno. Non è un caso che nelle sue opere alle donne spetta sempre un ruolo centrale. Leggendo Shakespeare, infatti, è possibile incontrare praticamente ogni genere di donna: forte, debole, ingenua, avida, innamorata, onesta, sagace e via dicendo.
Il risultato è uno spettacolo esilarante in cui gli attori rappresentano rapidamente tradizioni e cadute, rigori e vizi, mogli comari e mariti cornuti, gelosia e possesso, vendetta e punizione. Il seduttore Falstaff, interpretato da Giovanni Lacatena, è intrappolato nelle sue adulanti finzioni, diventando l’esempio della decadenza fisica e morale dell’uomo grottesco in un mondo altrettanto grottesco.
Pare che Shakespeare abbia scritto questa opera in soli quattordici giorni per soddisfare la richiesta della regina Elisabetta I, affascinata dal personaggio di Falstaff presente anche nelle opere “Enrico IV” e “Enrico V”. Falstaff è il seduttore senza scrupoli in un intreccio di bugie e calunnie, ma le sue prede, Madama Ford e Madame Page, sono donne “allegre” nel senso nobile del termine, libere di giocare la trama, incastrando il bugiardo impenitente e gabbando la gelosia dei mariti. Questa “libertà” femminile era così chiara al drammaturgo inglese che per “comari” usò il termine “gossip”, identificando l’arte del pettegolezzo.
Paolo Morga ripropone questa trovata, rompendo il paradigma della donna sacrificata e assegnando alle donne il ruolo di dominatrici sia di Falstaff sia dei sospettosi mariti, Mastro Ford e Mastro Page. La questione dei generi era già nota ai tempi di Shakespeare, e i limiti imposti alle donne nell’interpretare ruoli femminili furono occasione per il drammaturgo di superare le appartenenze a favore dei caratteri universali. In questo senso, il lavoro di Morga è un pregevole contributo all’emancipazione intellettuale e un’occasione per sviluppare le abilità necessarie al talento di vivere. Il regista ha scelto di far interpretare Madame Quickly a due uomini non solo per rievocare la tradizione elisabettiana, ma perché Donato Cavallo e Nicola Pacello offrono una performance di alto livello tecnico e comico. Tre donne invece interpretano i ruoli degli uomini al seguito di Falstaff: Nym è Cecilia Pizzarelli, Bardolfo è Giusy Pellegrini e Pistola è Arianna Minoia.
La musica nello spettacolo di Morga non è solo un accompagnamento, ma un elemento che rende esplicite le capacità d’introspezione nell’animo dei personaggi. I profili dei personaggi mutano non solo per ciò che gli attori dicono, ma per il modo e la durata con cui la musica sostiene il parlato, intensificando le emozioni e i contrasti.
È sorprendente il potere del teatro, la capacità che ha di trasformare la lettura individuale in voci e movimenti. Le storie scritte da autori e autrici diventano esperienze coinvolgenti da realizzare, che stimolano la fantasia e permettono di esplorare mondi e situazioni diverse. Il teatro fa anche appassionare alla lettura e all’ascolto, rendendo i libri oggetti indispensabili perché contengono storie da ripetere e mettere in scena.
Enorme è stato il consenso del pubblico per questo ennesimo lavoro del regista Paolo Morga, che conferma ancora una volta la sua capacità di attualizzare e interpretare i grandi autori. Cosa sono d’altronde la signora Page, la signora Ford e tutte le Comari inventate da Shakespeare oltre quattrocento anni fa, se non lo stereotipo tristemente perfetto, a tratti ancora molto, troppo attuale, di donne di mezza età, borghesi un po’ annoiate e un po’ bigotte con mariti assenti e desideri sopiti da sfogare tra equivoci, pettegolezzi, trasgressioni e divertimento? Su questa corrispondenza, ovvero sull’eterna attualità del Bardo, non solo tragico, ha calcato la mano il regista Paolo Morga.
La messa in scena di Morga utilizza una colonna sonora che spazia dalla musica metal alla classica, includendo anche reminiscenze di Mozart, creando un crescendo allegorico dove l’inganno è il protagonista assoluto. Tuttavia, al centro di tutto rimane sempre l’uomo, complesso e inalienabile. Shakespeare ci ricorda che “siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni“, una lezione particolarmente importante per i giovani. Auspichiamo che questo lavoro arrivi a loro, utilizzando ventagli, secchi d’acqua e ceste del bucato per imparare a ridere anche delle lacrime.
Foto di Giuseppe Mirizzi