Oggi, martedì 23 maggio, alle 20,30, nella sala «Casa del Mutilato» di Bari (Largo Angelo Fraccacreta) prosegue la ventottesima stagione del Collegium Musicum. Il terzo concerto del cartellone 2023 dell’ensemble orchestrale, con la direzione artistica del maestro Rino Marrone, ha un titolo che crea più di una suggestione: «La leggenda su Mozart e Salieri… furono rivali o complici?». La domanda, che ha prodotto nel corso dei secoli infinite dispute – di cui parlerà nell’introduzione il musicologo di Pierfranco Moliterni – sarà «risolta» in musica dai due celebri «rivali» settecenteschi: Antonio Salieri e Wolfgang Amadeus Mozart. Suoneranno i solisti del Collegium Musicum: Giuseppe Giannotti (oboe), Carmine Scarpati e Teresa Dangelico (violini), Paolo Messa (viola), Giuseppe Grassi (violoncello). Info e prenotazioni: 340.499.38.26.
Nell’impaginato si parte da Antonio Salieri (1750-1825), con la «Fuga per quartetto d’archi» e il «Concertino da camera in sol maggiore» per oboe e quartetto d’archi. A seguire, toccherà a Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), con il Quartetto per archi n. 19 «delle dissonanze» K.465, e il Quartetto in fa maggiore per oboe e archi K. 370.
Sono numerose le domande fiorite attorno alla presunta (o reale) rivalità tra Mozart e Salieri. Nata principalmente da due opere molto diverse tra loro: la prima, nel 1830, è dello scrittore russo Aleksandr Sergeevič Puškin, con la piccola tragedia «Mozart e Salieri» (poi musicata da Nikolaj Rimskij-Korsakov); la seconda è il celebre film «Amadeus» (1984) di Milos Forman, vincitore di otto Premi Oscar. I fatti storici sono andati davvero come raccontato dall’opera teatrale e da quella cinematografica, con un Salieri invidioso del rivale fino al punto di provocarne la morte?
«Tutto nasce sin dal 1767 – spiega il musicologo Pierfranco Moliterni -, da quando l’imperatore Giuseppe II aveva dato al musicista italiano l’incarico di maestro di corte. A tal fine è bene sottolineare la vita umana e artistica di Salieri, cittadino della Repubblica Veneta che ebbe a trascorrere la maggior parte della vita alla corte imperiale asburgica, laddove ebbe come allievi musicisti – poi diventati famosi – Beethoven, Schubert, Liszt, Czerny, Meyerbeer e Hummel. Salieri fu dunque un buon musicista ma soprattutto un eccellente docente, e la sua figura è rimasta legata, nell’immaginario collettivo, ad una rivalità con Mozart ritratta nel romanzo breve “Mozart e Salieri” di Puškin, in cui si narra della (supposta) invidia mozartiana, mentre Salieri riscuoteva favori e celebrità nel corso della sua lunga carriera. Anche perché – va ricordato – Mozart raggiunse la fama solamente dopo la sua morte, nel 1791.
Pochi sanno che uno dei figli di Mozart, Franz Xaver Wolfgang, fu allievo proprio di Salieri il quale, a sua volta, in Italia, era stato allievo di violino di Tartini. La sua felice vita artistica nasce dunque nel 1766 quando il maestro di cappella viennese Gassmann lo porta alla corte di Giuseppe II e lì Salieri fa molta strada, sino a che, alla morte del suo maestro, l’Imperatore lo nomina a soli 24 anni direttore musicale dell’opera italiana. Egli fu uno fra più prolifici autori di musica da camera e musica sacra del ’700 ma anche di opere liriche ‘all’italiana’ che presentava spesso a Parigi; aveva esordito nel 1770 cui fece seguito, nel 1778, “L’Europa riconosciuta”, commissionatagli dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria per la inaugurazione, a Milano, del Nuovo Regio Ducal Teatro (l’attuale Teatro alla Scala).
Fra le sue 39 opere si ricordano “Prima la musica e poi le parole” (1786), “Tarare” (1787), “La grotta di Trofonio” (1785), “Axur Re d’Ormus” (1788) e “Falstaff” (1799), una storia in musica tratta da “Le allegre comari di Windsor” di Shakespeare, poi ripresa da Giuseppe Verdi per il suo “Falstaff”. Negli ultimi anni della sua vita Salieri probabilmente si ammalò di demenza senile, diventò cieco e a Vienna, ricoverato in ospedale, si sarebbe autoaccusato della morte di Mozart. Al suo funerale l’allievo prediletto, Franz Schubert, diresse il Requiem in do minore che lo stesso Salieri aveva scritto vent’anni prima, nel 1804, per celebrare in anticipo la propria morte».