“I tre Moschettieri – D’Artagnan” di Martin Bourboulon: l’ennesima rielaborazione di un romanzo d’appendice eterno

Una delle più grandi invenzioni culinarie dell’Italia, diffusa in tutto il mondo a prescindere da idioma, cultura o qualsiasi altra differenza, è la pizza. Una base di farina e acqua su cui si può innestare qualunque condimento come dimostrano le pantagrueliche pizze americane o le più fantasiose creazioni degli chef stellati.

Così i Tre Moschettieri di Alexandre Dumas. Un romanzo di appendice nato come racconto a puntate su un giornale, Le Siècl. Si tratta di letteratura, per così dire, popolare, senza particolari fini artistici se non il puro intrattenimento. Come la pizza, però, questo romanzo ha avuto un successo planetario, probabilmente superiore ad ogni aspettativa e, come l’alimento italiano più famoso al mondo, le tante rappresentazioni non riescono proprio a non modificarlo, reinterpretarlo e riorganizzarlo secondo i gusti e la cultura di ogni singolo decennio dal dopoguerra ad oggi.

Si trasforma e si condisce la storia in ogni modo e la narrazione comprende di tutto. Dall’atletico Gene Kelly (1948) al meno noto “Barbie e le Tre Moschettiere” e per finire, in ordine alfabetico, a “Zorro e i tre Moschettieri” (film del 1963 diretto da Luigi Capuano –42 film all’attivo- con Gordon Scott grande interprete dei film peplum).

Anche in questa ennesima puntata degli imperdibili moschettieri del re, il regista Martin Bourboulon riscrive, sul romanzo ormai diventato canovaccio, l’avventura dei nostri eroi. Ovviamente tutto adattato al ventunesimo secolo ed al politicamente corretto. In primo luogo, non ci sono più i servitori. Una specie di moschettieri ombra che seguivano i loro padroni (non erano semplici datori di lavoro) in ogni avventura procurando che fossero sempre a loro agio. Gli onnipresenti Planchet (D’artagnan), Grimaud (Athos), Bazin (Aramis) e Mousqueton (l’unico non parigino ma Normanno – Porthos) maggiordomi, uomini di fatica, cuochi e all’occorrenza spie dei e per i loro padroni cui sono fedelissimi.

Constance Bonacieux, moglie del merciaio Monsieur Bonacieux, amore del prode D’Artagnan, e in vena di relazioni extra coniugali, diventa imprenditrice restando, almeno quello, la guardarobiera della Regina. Il tutto apparentemente contestualizzato nella più ampia situazione del regno di Francia dell’epoca, 1627. Ci sono il cattivo cardinale Richelieu, in questa veste perché, com’è noto, Dumas non amava molto le gerarchie ecclesiastiche, e gli ugonotti. Più terroristi al soldo degli inglesi che cristiani sacrificati alla ragion di stato.

Dopo un inizio alla Tarantino, le avventure dei nostri seguono un ritmo costante, senza pause o ripensamenti come si conviene alla migliore tradizione dei film di cappa e spada. La perfida Milady, al servizio del truce Cardinale, ordisce intrighi senza sosta per infangare la Regina che solo dai nostri eroi sarà salvata (viene da chiedersi perché Dumas parteggiasse per un’austriaca che flirtava con un inglese e non per un nobile francese che serviva la Francia. Ma tant’è!).

Le scene di combattimento sono frenetiche e nelle riprese il regista ha scelto di seguire i singoli personaggi tenendo perfettamente a fuoco solo il singolo scontro. L’effetto dà il senso della frenesia adrenalinica dei duelli ma, in alcuni momenti, sconcerta per l’eccessiva velocità dei cambi di inquadratura.

François Civil (doppiato da Francesco Pezzulli): Charles D’Artagnan , Vincent Cassel: (doppiato da Massimo Lodolo) Athos, Romain Duris (doppiato da Christian Iansante): Aramis, Pio Marmaï (doppiato da Lorenzo Scattorin): Porthos, attraversano la pellicola in maniera molto più che dignitosa senza mai brillare, salvo Cassel, ma senza mai demeritare.
Perfetta Eva Green (doppiata dalla sempre ottima Domitilla D’Amico) nel ruolo della perfida e cattivissima Milady.
Conformi ai ruoli, anche fisicamente, Eric Ruf, il Cardinale Richelieu, Marc Barbè, il capitano Trèville ed il re Luigi XIII interpretato da Louis Garrel.

La colonna sonora è ridondante con l’obiettivo evidente di essere epica anche se poi risulta un po’ eccessiva.
Un film nell’insieme divertente che va visto per quello che è. Un romanzo pop per dare due ore di divertimento. In attesa della seconda parte dedicata a Milady in uscita a dicembre.

Marco Preverin

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