L’Arte non è un nome solo

Supponiamo di essere davanti ad quadro di Caravaggio, il Fanciullo con canestro di frutta.

Concorderemo nel trovare la perfezione cromatica, il realismo delle proporzioni, la purezza nell’espressione estasiata del fanciullo.
Ma quanti di noi, per esempio, assieme al piacevole stato d’animo nel guardare il dipinto, hanno avvertito anche turbamento (fosse anche lieve) rispetto alla virilità del soggetto ritratto?
Istintivamente attribuiremmo la delicata immagine abbandonica ed estatica del fanciullo ad un ritratto femminile.

E quindi?
Quindi, fermi davanti all’opera pensiamo che qualcosa non torni, che qualcosa non sia al posto giusto.
E questo potrebbe già essere un primo elemento turbativo di quest’opera d’arte.
Elemento che ci fa vacillare rispetto alle nostre idee preordinate di ciò che etichettiamo maschio o femmina.

E vi sembra poca cosa?
La destabilizzazione evocata dalla visione di un dipinto, quindi, manda il nostro equilibrio al fronte, mette le nostre convinzioni sul limite umano dell’esistenza.
Quello che i nostri occhi vedono può incidere nella nostra coscienza e può lasciare un segno atemporale nel nostro passaggio umano, ci resta per sempre, e diventa quello che diventiamo con il nostro passare del tempo, diventa noi.
Ebbene ed è proprio nel momento in cui il pendolo smette di oscillare e si ferma al silenzio e all’immobilità, che il prodigio si compie: se l’Arte in prima istanza ci scuote, e talvolta ci angoscia, un attimo più in là ci riconnette alla grazia suprema (che è l’ambizione più umana che ci riconosciamo universalmente).

L’Arte è bella signora che parte da una premessa specificatamente dissociante, dissidente, disarmonica rispetto alle convenzioni, (alle empiriche abitudini di pensiero e azione) e approda (attraverso una via a noi misterica) all’universalmente riconosciuto, al richiamo che ci somiglia.
Quando ciò non accade allora il nostro sentire stride, ci procura un disagio infruttuoso e dannoso: tutto quello che non ci riarmonizza, che ci lascia attoniti ma staccati dal magma originario, dal suono primordiale, dalle vibrazioni embrionali, non è ARTE ma produzione che si rivela e percepiamo asfittica, senza vitalità, senza forza espressiva.

In sintesi quest’ultima, non concilia e non riesce a superare il tangibile corporeo che spesso viviamo come frustrante.
L’Arte scava nella piccola grandezza dell’esistente e risale piena di Luce, di vigoria, ci spinge verso la Vita, ci fa viaggiare senza dazi e dogane, liberi di esiliare.
L’Arte salva il mondo, ci restituisce appartenenza.
L’Arte ha tutti i nomi di tutte le arti, respinge gli accademici riconoscimenti e dona il miracolo dell’identità umana e comune.
L’Arte si occupa sempre e soltanto della vita, con l’Arte risuscitiamo la vita.
L’Arte è necessaria all’uomo che, occupato nella vita, si dimentica di viverla.

Antonella Vairano

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1 commento su “L’Arte non è un nome solo

  1. Sergio Rispondi

    Che bella riflessione Antonella!
    Ha il pregio di indurci a riflettere sul significato più profondo dell’arte. Grazie 🙏🌹

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